Rotary | Dicembre 2013 - page 11

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Il giorno successivo aprimmo la scuola,
e mi avvicinarono ancora più uomini,
questa volta quattro, che mi dissero:
“Ci auguriamo che cambierai questa
scuola in una scuola per ragazzi. I ra-
gazzi sono la spina dorsale della nostra
comunità”. Risposi che erano ciechi e
io gli avrei fatto vedere qualcosa di nuo-
vo. Se ne andarono e non tornarono più.
Quali cambiamenti ha portato la tua
scuola tra le ragazze e nella comunità?
Una delle prime cose che abbiamo fat-
to è stato insegnare alle ragazze a scri-
vere il nome di loro padre; lo portarono
a casa per mostrarlo ai loro genitori. I
padri vennero da me piangendo e di-
cendomi, “Mia figlia sa scrivere il mio
nome, e io no!”. Fu un grande momen-
to. Avevo provato agli uomini di questi
sette villaggi, che quella era la cosa
più bella che potesse accadere alle
loro figlie, ricevere un’educazione. Le
ragazze divennero molto indipendenti.
Potevano parlare con le loro madri e i
loro padri e dare la propria opinione.
Adesso potevano parlare tra di loro. Un
giorno in classe durante una discussio-
ne una di loro si alzò in piedi e disse,
“Non dovremmo preoccuparci di ciò
che dice il mondo”. Non avrebbe potu-
to dire così prima.
Che futuro vedi per queste ragazze?
Vorrei che la loro educazione non finis-
se qua. Mi piacerebbe che andassero al
college, anche se temo che sarà diffici-
le. L’anno prossimo, quando le ragazze
più grandi arriveranno all’ultimo anno
di scuola, vorrei avere un progetto per
costruire un centro di informatica e
una casa di cura. Mi piacerebbe dare
loro una maggiore istruzione, visto che
probabilmente non andranno al colle-
ge. Continuerò a dare loro più libertà
che potrò, e proverò a inserirle in una
società dove possano avere voce. Con
calma, ma senza indugio, darò loro un
futuro più promettente.
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