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disonesti» (p. 157). «Il mondo degli affari non è più una

condizione caratterizzata da “colpisci o fallisci”. Oggi è raro

che si giochi sporco. Attualmente sono metodi scientifici che

sostengono la competizione» (p. 164). Paul Harris ritiene che

sia fortemente percepibile l’influenza del Rotary in questo

cambiamento nella pratica degli affari. «Secondo la prassi di

un tempo un uomo d’affari non aveva che una cosa alla qua-

le badare: guadagnare denaro. Oggi egli si trova di fronte a

problemi dalle mille sfaccettature […] le esigenze dei tempi

hanno sfidato il mondo degli affari e il mondo degli affari ha

risposto nobilmente alla sfida» (p. 164). In questa visione

(che qualcuno per qualche aspetto troverà ispirata da un

eccessivo ottimismo), il concetto di servizio che Paul Harris

prende in considerazione è il servizio che viene reso con il

proprio lavoro, attraverso la pratica di norme etiche elevate:

si tratta fondamentalmente del

vocational service

. Questa via

del servire offre maggiori opportunità di rendere raggiungibile

l’obiettivo del Rotary.

Ma come si mettono le cose quando si passa al

community

service

? È qui che il problema della praticabilità degli obiet-

tivi del Rotary in relazione al dilemma del conflitto profit-

to-servizio si pone con maggiore incisività. Fino a che punto

il rotariano può pensare al suo profitto materiale e fino a che

punto deve invece destinare il profitto al servizio, in favore

della comunità nella quale vive o dell’umanità? Paul Harris

stigmatizza il culto del dio-denaro, ed elogia chi sceglie di vi-

vere sobriamente. Ma non può andare al di là di nobili, anche

se alquanto generiche, affermazioni di principio: «L’avidità di

beni materiali non è compatibile con l’ideale del servizio» (p.

159). E ancora: «È solo quando gli uomini si elevano al di so-

pra del dominio del motivo del profitto e apprendono a subor-

dinare il profitto al servizio che l’ordine sociale, economico,

politico comincia ad avvicinarsi a stabili fondamenti e a una

esistenza in progressivo miglioramento, essendo state assicu-

rate pace e felicità alla maggior parte dell’umanità» (p. 161).

In realtà, il problema di conciliare profitto e servizio non ha

cessato da allora di ripresentarsi e si ripresenta ancora nel

Rotary di oggi. A questo fine, vorrei richiamare l’attenzione su

di un particolare, che trovo significativo. Attualmente sono in

vigore due formulazioni dello

Statement on Community Ser-

vice

, che figurano appaiate nel

Manuale di Procedura

(così

anche nell’edizione inglese 2013, pp. 62-64). Lo

Statement

più recente riproduce il testo di una risoluzione approvata

dal Consiglio di Legislazione del 1992: in essa viene fatto

riferimento unicamente al motto

Service above Self

e non

compare mai il termine profitto. Ma accanto a questa formu-

lazione dello

Statement

, il Board richiese che nelle edizioni

66

ROTARY

luglio/agosto 2016

FOCUS

Il Rotary, così come il suo logo, si è evoluto per oltre un secolo, fino ad oggi.

HE PROFITS MOST WHO SERVES BEST

,

è stato definito un «pratico principio etico»,

ma

SERVICE ABOVE SELF

è considerato

il motto ufficiale principale.

}

{