Rotary | Giugno 2013 - page 46

INCONTRI
Hai adottato un cane disabile, infortunato dall’uragano Katrina.
Una ragazzina conosciuta in un campo per amputati è diventa-
ta la tua figlioccia. E hai aiutato a salvare molti bambini che hai
conosciuto ad Haiti. Da dove nasce questo tuo lato altruista?
L’ho sempre avuto. Quand’ero piccola portavo a casa chiunque
avesse bisogno. Non ho mai ucciso un insetto. Perché dovrei
volerlo? É la vita? Non vorrei essere l’insetto che viene schiac-
ciato solo perché si trovava lì. Ci sono moltissime persone che
sono state schiacciate solo perché capitava che si trovassero
in un posto, per svariati motivi. Le persone credono che io
sia matta, ma questo è il mio punto di vista. Il mio livello di
empatia probabilmente sta nella reazione delle persone alle
mie fotografie, ma è anche il motivo per cui il mio cuore batte
10.000 volte di più rispetto a quello di una persona normale.
Hai sempre amato la fotografia?
No. Quando ero alle scuole medie vivevo nella mia aula d’ar-
te. Amavo disegnare e desideravo imparare a pitturare. Ma
quando avevo sei anni mio padre morì e, considerato che mia
madre lavorava in una sartoria, non avevamo molti soldi. Ho
realizzato quanto fosse dura voler vivere facendo l’artista. Vo-
levo essere indipendente e non fare affidamento su nessuno.
Quindi non so cosa mi successe ma frequentai la scuola per
infermiere. Pensavo che diventare infermiera fosse altruisti-
co, ma si rivelò poi una convinzione sbagliata, che mi indusse
nella pratica a pensare di non poter trascorrere tutta la vita
nella preoccupazione di fare del male a qualcuno.
Cosa ti ha fatto fare il salto da infermiera a fotografa?
Il mio ragazzo una volta mi regalò una 35mm, così affittai
una camera oscura nell’università locale. La prima volta che
stampai togliendo la carta sensibile dalla bacinella, fu un mo-
mento magico, che definì il corso della mia vita. Non ricordo
che immagine fosse; ricordo la sensazione.
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Al funerale di Madre Teresa, una donna spunta dalla barriera
fatta di tessuto mentre è in fila per portare le sue condoglianze.
A DESTRA
Bekir Shala,
quattro anni, guarda attraverso il recinto di filo spinato in un campo di rifugiati a Kukes,
Albania, riunito con la sua famiglia dopo la fuga dal Kosovo nel 1999.
IN BASSO
Agim
Shala, due anni, passa attraverso una fessura tra le mani dei suoi nonni, che stavano nel lato
del campo dove gli aiuti erano disponibili.
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Un uomo passa
vicino a un carroarmato a Tbilisi in Georgia, durante la guerra civile che seguì la caduta del
comunismo nell’Unione Sovietica.
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