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SPECIALE HIV/AIDS
O
gni anno, il primo di dicembre, si celebra nel
mondo la Giornata mondiale contro l’Aids, de-
dicata ad accrescere la coscienza dell’epidemia
mondiale di Aids dovuta alla diffusione del virus Hiv.
Secondo i dati del rapporto Unaids 2010, nel 2009
erano 33,3 milioni le persone affette da Hiv, di cui
più di 30 milioni nei Paesi a basso e medio reddito,
e oltre 1000 i bambini che ogni giorno si sono in-
fettati. Si stima che nel 2009 le persone contagiate
siano state 2,6 milioni e i decessi per malattie le-
gate all’Aids 1,8 milioni. Dal 1999, anno in cui si
ritiene che l’epidemia abbia raggiunto il suo picco,
a livello globale, il numero di nuove infezioni è di-
minuito del 19%. Il calo ha superato il 25% in 33
Paesi, di cui 22 in Africa sub-sahariana. La crescita
complessiva dell’epidemia mondiale di Aids sembra
essersi stabilizzata. Il numero annuale delle nuove
infezioni da Hiv ha continuato a ridursi dalla fine del
1990
e, grazie ai significativi progressi della terapia
antiretrovirale raggiunti negli ultimi anni, si verificano
meno decessi correlati all’Aids. Su circa 15 milioni di
persone bisognose di trattamento che vivono con l’Hiv
in Paesi a basso e medio reddito, 5,2 milioni hanno
accesso ai farmaci. Sebbene il numero di nuove infe-
zioni sia in diminuzione, i livelli sono ancora elevati,
e a causa della significativa riduzione della mortalità,
il numero di persone affette da Hiv a livello globale è
aumentato. Per la prima volta nel 2010, Unaids ha
attribuito a ogni Paese Onu punteggi per fornire una
panoramica dei progressi compiuti e degli ostacoli in-
contrati dai Paesi Onu nella risposta all’Aids. Cinque i
criteri di valutazione: incidenza dell’Hiv; prevenzione,
trattamento, cura e sostegno; diritti umani e parità di
genere; investimenti.
PREVENZIONE E TERAPIE >
La disponibilità di preserva-
tivi nei luoghi dove l’epidemia ha maggiore incidenza
è sempre più significativa: nel 2009 sono 25,8 mi-
lioni i profilattici femminili forniti attraverso risorse
e agenzie internazionali e non governative. La distri-
buzione di condom è aumentata di 10 milioni tra il
2008
e il 2009. I promettenti risultati su un gel a
base di tenofovir hanno risollevato le speranze che un
ulteriore efficace femminile opzione di prevenzione
possa essere presto percorribile. Altri 1,2 milioni di
persone hanno ricevuto la terapia antiretrovirale nel
2009,
portando il numero totale di individui che rice-
vono un trattamento nei Paesi meno sviluppati a 5,2
milioni, con un aumento del 30% rispetto al 2008.
Alla fine del 2009, dunque il 36% dei 15 milioni di
persone nei Paesi a basso e medio reddito è stato
sottoposto a terapia antiretrovirale. Dal 1996 sono
stati recuperati circa 14,4 milioni di anni di vita gra-
zie ai trattamenti. I bambini e le fasce di popolazio-
ni svantaggiate (tra cui i consumatori di droghe per
via parenterale); hanno meno probabilità di ricevere
la terapia antiretrovirale rispetto alla popolazione in
generale. Mentre si stanno compiendo progressi per
aumentare l’accesso ai servizi per l’Hiv delle persone
con tubercolosi (Tb); la percentuale di persone affette
da Tb che si è sottoposta a test per l’Hiv nel 2009
è rimasta bassa, al 26%. I miglioramenti in questo
ambito sono ancora molto lenti. La disponibilità di
cure palliative e servizi di assistenza domiciliare per
persone che vivono con l’Hiv, infine, è ancora molto
irregolare.
FASCE DI POPOLAZIONE A RISCHIO >
Non affrontare il
problema dei diritti umani delle popolazioni più espo-
ste al virus dell’Hiv facilita la crescita dell’epidemia e
ne esalta gli effetti sociali dannosi. Lo stigma, la di-
scriminazione e la violenza che colpiscono le persone
transgender e gli omosessuali ne aumentano il rischio
di contrarre l’infezione da Hiv. L’Africa sub-sahariana
resta la regione più colpita dal virus dell’Hiv: qui vive
il 69% di tutte le persone affette da Hiv e l’80% di
tutte le donne con Hiv nel mondo. Nel 2009, in que-
sta area i bambini affetti da Hiv erano 2,3 milioni
e 370 mila bambini sono stati infettati con Hiv at-
traverso la trasmissione madre-figlio. Si tratta di un
calo del 24% rispetto al 2004, ma i progressi sono
ostacolati dal mancato accesso delle puerpere ai ser-
vizi prenatali e postnatali. Gli sforzi per promuovere
l’accesso universale a prevenzione, cura, assistenza e
servizi di supporto richiedono una maggiore attenzio-
ne su donne e ragazze. Eppure, meno della metà dei
Paesi riferisce di avere un budget per programmi volti
a combattere Hiv/Aids indirizzati ad esse. Inoltre, seb-
bene sia dimostrato che è possibile ottenere risultati
lavorando sulla modifica dei comportamenti, pochi
programmi sull’Hiv coinvolgono uomini e ragazzi.
RISORSE E FINANZIAMENTI >
Nei Paesi a basso e me-
dio reddito, oltre la metà di tutti gli investimenti per
Aids è costituita da risorse nazionali. Nei Paesi a bas-
so reddito, al contrario, l’88% della spesa per Aids
proviene da finanziamenti internazionali. La maggio-
ranza dei finanziamenti internazionali per l’Aids pro-
viene da donatori bilaterali e gli Stati Uniti sono il
principale donatore internazionale. Gli investimenti in
trattamento e cura sono in aumento, ma molti Paesi
dipendono dai finanziamenti stranieri per i propri pro-
grammi di trattamento e cura. I programmi di preven-
zione dell’Hiv, infatti, fanno affidamento in gran parte
su fondi internazionali. Solo un terzo dei Paesi Onu fa
della lotta all’Aids una priorità di bilancio, sulla base
del peso della patologia e del reddito nazionale.
LA SITUAZIONE IN ITALIA >
Secondo il Centro operativo
Aids dell’Istituto superiore di sanità sono fra 143.000
e 165.000 le persone che in Italia vivono con il virus
Hiv responsabile dell’Aids. Secondo le stime presen-
tate a Roma domenica 17 luglio scorso, a margine
della Conferenza mondiale della International Aids
Society (Ias), ogni 2 ore in Italia una persona viene
contagiata dal virus Hiv, per un totale di 4.000 nuove
infezioni l’anno. I dati ufficiali del Centro Operativo
Aids attivo presso l’Istituto Superiore di Sanità (Iss),
relativi al 2009, indicano 2.588 nuove diagnosi con
un’incidenza pari a 6 abitanti ogni 100.000, mag-
giore al Nord rispetto a Sud e Isole. “Dati - rileva
l’Iss - che inquadrano l’Italia fra i Paesi dell’Europa
occidentale con un’incidenza di nuove diagnosi di
Hiv medio-alta”. Emerge inoltre che l’età al momento
della diagnosi è sempre più avanzata: se nel 1985
era di 26 anni per i maschi e 24 anni per le fem-
mine, nel 2009 è aumentata rispettivamente a 39 e
36
anni. Sempre secondo i dati dell’Iss, in un terzo
dei casi la malattia viene diagnosticata solo quando
la è ormai in fase avanzata e il numero delle cellule
immunitarie CD4, che sono il principale bersaglio del
virus, è inferiore a 200 per microlitro di sangue. Nel
2010
quasi 60% di chi ha avuto la diagnosi di Aids
conclamato quando ha scoperto di essere sieropositi-
vo: una tendenza che è aumentata progressivamente
negli ultimi 15 anni e che ha fatto sì che ben due
terzi delle persone che hanno avuto la diagnosi dal
1996
ad oggi non abbia beneficiato delle terapie pri-
ma della diagnosi. Cambiano anche le modalità con
cui si trasmette il virus: i tossicodipendenti, fra i quali
nel 1985 la trasmissione del virus era la più elevata
(74,6%),
nel 2009 erano appena il 5,4%, mentre
attualmente il virus Hiv viene trasmesso nella mag-
gioranza dei casi (79%) per via sessuale (nel 1985
solo il 7,8%). Secondo i dati dell’Iss, il 40,8% delle
donne e l’11,8% degli uomini ha avuto rapporti con
un partner che sapeva essere sieropositivo. Le nuo-
ve diagnosi fra gli stranieri, rileva l’Iss, è aumentata
dall’11% del 1992 al 32,9% del 2006, ma da allora
ha cominciato a ridursi e nel 2009 sono state pari
al 27,2%. “In pratica - rileva l’Iss - nel 2009 quasi
una persona su 3, diagnosticata come HIV positiva, è
risultata di nazionalità straniera”. Tra questi, inoltre,
il virus si è trasmesso soprattutto per contatti etero-
sessuali (dal 24,6% del 1992 al 70% del 2009).
Sempre secondo i dati dell’Iss, le diagnosi di Aids
conclamato sono state 62.617 dal 1982, anno della
prima diagnosi di Aids in Italia, al 31 dicembre 2010.
Di queste, 48.389 (77,3%) riguardavano uomini,
773 (1,2%)
bambini al di sotto di 13 anni e 5.335
(8,5%)
stranieri. Nel 2010 sono stati notificati 1.079
nuovi casi di Aids (361 dei quali diagnosticati negli
anni precedenti). Come per la sieropositività, anche
per l’Aids conclamato la diagnosi arriva sempre più in
età avanzata. Per la maggior parte ( 66,2%) riguarda
persone che hanno fra 30 e 49 anni (44 anni per gli
uomini e 40 per le donne nel 2010, contro l’età me-
dia di 31 anni per gli uomini e 29 per le donne che si
registrava nel 1990).
mila tra adulti e bambini risultavano al
momento essere infetti; e successiva-
mente si è dedicato alla Liberia, dopo
aver studiato l’andamento epidemiolo-
gico in Africa. Una scelta, quella del pa-
ese sub-sahariano, dovuta alla facilità
di accesso alla popolazione, tanto per
l’aspetto linguistico, quanto per quello
numerico, considerata la dimensione
contenuta dello stato e la conseguente
possibilità di monitorare la situazione
di ridurre sensibilmente l’incidenza del
virus nei neonati, avvicinandola a zero.
Inoltre il Club ha potuto avvalersi della
collaborazione pediatrica specifica per
l’HIV/AIDS del dott. Art Amman e della
sua organizzazione
Global Strategy for
HIV Prevention
.
Nella convinzione che
la Liberia rappresenti effettivamente
un territorio adatto a testare sul cam-
po le nuove strategie per l’eradicazione
dell’HIV in un’ottica globale, sono stati
aperti degli ambulatori per il controllo
della popolazione maschile e femmini-
le presso diverse strutture ospedaliere,
come il St. Joseph, dove le donne pos-
sono recarsi sulla base di un accordo
quadro a effettuare le proprie terapie
in modo facilitato. Una scelta che ha
già consentito il monitoraggio di oltre
3.000
persone e alla quale è indispen-
sabile affiancare la stessa metodologia
sui bambini.
La situazione di confusione generale
nell’individuazione della popolazione
residente e nella struttura urbanistica,
non ha certo agevolato l’azione rota-
riana che si è potuta avvantaggiare di
un global grant della Fondazione Rota-
ry del valore di 60mila dollari, che ha
consentito di coinvolgere sul campo 8
professionisti americani e 50 operatori
sanitari locali.
Un ufficio apposito per l’istruzione del
personale coinvolto ha permesso di
insegnare le tecniche base di preven-
zione, la raccolta dei dati, le procedure
per la segnalazione e il controllo delle
situazioni critiche.
Il passaggio del testimone tra i due
grandi protagonisti di questa storia ro-
tariana ha avuto successo e si traduce
in un preciso e significativo messaggio
a tutti i Rotariani: “Come si può non
prestare attenzione a un bambino che
nasce colpito dal virus dell’HIV, consi-
derato che basta così poco per preveni-
re la malattia?”.
Nessuno può ignorare la portata globa-
le di questo impegno.
Q
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