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IN CASO DI CATASTROFE, I CONTATTI AIUTANO LE COMUNITÀ A STARE A GALLA
DI
K
IM
L
ISAGOR
14
ROTARY
giugno 2013
Nel Luglio 2005, Daniel Aldrich si trasferì a New Orleans
con sua moglie e due bambini piccoli. La famiglia si sistemò
in una nuova casa nell’idillico quartiere di Lakeview, dove i
bambini giocavano nel grande cortile e Aldrich si preparava
per il suo nuovo lavoro come professore di scienze politiche
alla Tulane University.
Sei settimane dopo, l’uragano Katrina colpì.
La maggior parte dei vicini lasciò il paese quando iniziarono
a cadere le gocce di pioggia, ma gli Aldrich timorosi dei sac-
cheggi, non si mossero. “Eravamo nuovi e non capivamo dav-
vero che cosa significasse subire un uragano” dice Aldrich.
Non avevano ancora attivato la loro assicurazione contro le
inondazioni.
Il temporale si rafforzò, e una vicina preoccupata persuase la
famiglia a impacchettare un paio di cose e andarsene. Dopo
quattordici ore di macchina, passarono la notte in un motel
nella periferia di Houston. Quasi ogni macchina nel parcheg-
gio aveva targhe della Louisiana. La mattina dopo sentirono
qualcuno che gridava, “E’ successo qualcosa a New Orleans.
C’è acqua nelle strade!”.
Aldrich e gli altri sfollati si concentrarono intorno alla televi-
sione e guardarono increduli. Gli argini non avevano impedito
all’acqua zampillante di arrivare nei quartieri bassi, allagan-
do l’80% della città alla profondità di sei metri. Alla fine più
di 1.800 persone persero la vita e 250.000 persero le loro
case, inclusa la famiglia Aldrich.
Tulane chiuse per tre semestri, e Aldrich si trovò improvvi-
samente senza lavoro oltre che senza una casa. Cominciò la
procedura per appoggiarsi al FEMA (Federal Emergency Ma-
nagement Agency); sei anni e un mese e mezzo dopo, l’agen-
zia ha rifiutato la sua richiesta. Nel frattempo amici e parenti
gli hanno offerto un posto per vivere e uno spazio per lavora-
re. Persone sconosciute hanno fornito abiti alla famiglia e, in
un caso, un biglietto vincente della lotteria di 100 dollari. Le
Sinagoghe hanno contribuito al sostegno economico.
Dove le ufficiali forme di aiuto hanno fallito, i privati hanno
coperto i gap e aiutato gli Aldrich a ricostruire le loro vite.
“Tutto l’aiuto che abbiamo avuto è arrivato dalle persone”
disse Daniel, “non dal governo”.
Nessun accademico si è occupato realmente del recupero
dal disastro. “Nessuna delle storie raccontate da quegli ac-
cademici rifletteva la mia vita” dice. Così Daniel ha iniziato a
condurre la sua ricerca personale.
Si è recato in Giappone per studiare i quartieri che erano
stati vittime del micidiale terremoto di Tokio nel 1923 e del
terremoto di Kobe nel 1995. In India, nei villaggi sulla costa
che erano stati spazzati via dallo Tsunami nel 2004. Raccolti
i dati da 225 quartieri e villaggi, è tornato a New Orleans.
In ogni posto aveva misurato la velocità di ripresa con cui la
comunità si ricostruì, ripopolandosi e riprendendo la routine
quotidiana, al risveglio dal disastro. I suoi risultati furono
una sorpresa per chi credeva che la percentuale di recupero
dipendesse dalla somma degli aiuti esterni ricevuti da una
comunità. Infatti, David scoprì che ciò che conta di più è
il “capitale sociale”, che nel suo libro, Building Resilience,