ROTARY |
novembre 2011
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La mia lunga esperienza di uomo e di
Rotariano mi ha insegnato che, per vin-
cere in ogni settore di attività, occorre
impegnare non solo tutte le proprie ca-
pacità, ma lavorare soprattutto con co-
stanza, perseveranza e fede nel proprio
lavoro. So che questa linea ti ha portato
alla scoperta - prima quale Docente, poi
quale legale e poi ancora quale uomo
politico - delle molteplici identità della
civile comunità, alla quale hai fornito
insegnamenti e criteri del vivere sani,
giusti e onesti.
Sono stato fortunato a nascere in una
famiglia in cui l’impegno per gli altri
era quotidiano. La frequenza dei circo-
li parrocchiali mi ha consentito, poi, di
approfondire le diverse condizioni da
cui provenivano gli amici, in un’epoca in
cui la separazione sociale era molto più
accentuata. Trascorrevo le festività con
i compagni meno fortunati sperimentan-
do quanto renda più felice donare che ri-
cevere. Compresi come fosse necessario
coinvolgere altri su un obiettivo condivi-
so, sia perché è più agevole portare a ter-
mine quello che, da soli, sarebbe molto
difficile realizzare, sia perché l’impegno
collettivo alla solidarietà segna una cre-
scita di grande valore umano.
Quali sono state le persone, ma forse
più ancora le occasioni, gli eventi che
ti hanno ‘preparato’ a raggiungere le
posizioni di professionalità prima e
di ‘élitè poi, e che ti hanno consentito
conquistare posizioni di prestigio nel
mondo nell’istruzione, della legge e del-
la politica?
Ognuno di noi, nel corso della vita, ha
un’infinità di occasioni utili alla formazio-
ne del carattere, all’apertura ai problemi
sociali, all’individuazione delle soluzioni
più opportune per vivere bene con se
stessi e con gli altri. Tra i tanti episodi
che mi riguardano, te ne racconto uno
al quale spesso sono tornato parlandone
con gli amici e l’ho inserito anche nel mio
libro di ricordi, “
Una vita non basta”
.
Mi
ero appena laureato quando, accompa-
gnavo ad un appuntamento il mio mae-
stro di diritto amministrativo, Giuseppe
Codacci Pisanelli, ministro della Difesa
nell’8° governo De Gasperi. Attraversa-
vamo piazza Sant’Oronzo, a Lecce, quan-
do un vecchietto malmesso e timido fer-
mò Codacci Pisanelli per esporgli un suo
problema. Il colloquio durò molto tempo
ma, dal primo momento, il mio maestro
ascoltò a capo scoperto il suo imprevisto
interlocutore. Al termine, gli dissi: “Pro-
fessore, ha rischiato di raffreddarsi”. Ed
egli rispose: “
Era un cittadino. Dovevo
ascoltarlo a capo scoperto”.
Com’è pos-
sibile che insegnamenti simili non lasci-
no traccia indelebile in colui che ha la
fortuna di viverli o, semplicemente, di
conoscerli?
La tua attuale posizione di ‘meritata
rendita’ che vivi, significa anche che ti
sei saputo misurare con gli altri in pa-
cifica e democratica competizione, che
hai sentito una naturale consapevolez-
za delle tue capacità e del ruolo a te as-
segnato nella società, anche con l’obiet-
tivo di costituire - per istinto, forse - un
esempio di comportamento, di vita, di
professionalità, di disponibilità al ser-
vizio, e perché no anche di silenziosa
modestia per i propri collaboratori?
La democrazia è competizione. Nel si-
stema educativo statunitense lo sport
assume, infatti, un eccezionale valore
perché nessun’altra attività potrebbe me-
glio attribuire il successo a meriti obiet-
tivamente accertati, imporre il rispetto
di regole inderogabili, far accettare la
graduatoria di merito e provocare un’at-
tenta riflessione su come evitare errori.
La competizione non si concilia, però,
con la spregiudicatezza. Il rispetto delle
regole, in un sistema di corretta com-
petizione, non è, tuttavia, l’unica condi-
zione. Occorre anche lo stile, frutto di
educazione e di controllo, al quale deve
ispirarsi chi tende al successo. Nella do-
manda, tu accenni opportunamente alla
silenziosa modestia”. Al riguardo, vor-
rei raccontarti un altro episodio. Eletto
senatore, presi parte alla prima riunione
del mio gruppo parlamentare con l’inten-
zione di seguire il consiglio di Giolitti ad
un giovane deputato: stare zitto per un
anno, guardandosi attorno, osservando
e riflettendo. Quando si aprì il dibattito
sulla relazione tenuta da Fanfani, cam-
biai, però, orientamento e, vincendo un
comprensibile timore, decisi di chiedere
la parola. Nella replica, inaspettatamen-
te, Fanfani riprese ed approfondì soltan-
to le mie argomentazioni, suscitando,
nei colleghi curiosità e commenti sul
giovane e sconosciuto senatore. Alle
mie spalle, uscendo dalla sala, Giuseppe
Pella - protagonista con Einaudi della ri-
presa economica italiana nel dopoguerra
ed intransigente difensore quale Presi-
dente del Consiglio contro le pretese di
L’umiltà è
costume di vita
DI
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LFONSO
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Intervista a Giorgio de Giuseppe
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INTERVISTE
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| professionalità e servizio
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