Rotary | Dicembre 2013 - page 37

di riduzione della sicurezza alimentare e nel ridurre la vulne-
rabilità delle popolazioni più svantaggiate.
L’approccio territoriale ponene invece le popolazioni locali
e la diversità delle aree geografiche al centro del processo
decisionale, dando cosi più voce alle persone solitamente
escluse, ma consentendo anche di incrementare l’efficienza
delle strategie di sicurezza alimentare in vari modi: i) ricono-
scendo la diversità dei bisogni espressi da aree geografiche
e popolazioni con dotazioni diverse; ii) ponendo un accento
particolare sul potenziale di sviluppo endogeno esistente in
ogni territorio oltre che su modelli di crescita fondati sul com-
mercio internazionale; iii) rendendo le scelte delle politiche
di sicurezza alimentare più compatibili con le condizioni am-
bientali specifiche dei vari territori e quindi più sostenibili.
L’approccio territoriale accorcia quindi le distanze tra le
politiche nazionali ed i bisogni locali, permette alle popola-
zioni più vulnerabili di partecipare ai processi decisionali, e
consente, attraverso processi di sviluppo endogeni, di creare
opportunità di lavoro, riducendo così i costi sociali, economi-
ci e politici dei fenomeni migratori e di abbandono delle aree
più svantaggiate.
Cosa si dovrebbe fare per promuovere l’approccio territoriale?
E’ importante che azioni vengano intraprese a tutti i livelli:
quello globale, nazionale e locale. A livello globale, un segna-
le importante in questo senso è dato dall’attenzione attribuita
allo sviluppo locale in occasione del summit delle Nazioni
Unite sullo Sviluppo Sostenibile(Rio+20) in Sudafrica nel
2012. Un’altra occasione formidabile per tradurre questo
nuovo paradigma di sviluppo in azioni concrete e condivise è
data dalle deliberazioni in corso all’ONU nell’ambito dell’a-
genda di sviluppo Post-2015 per la definizione dei nuovi
obiettivi globali di sviluppo .
Partendo dal riconoscimento che il modello di sviluppo at-
tuale, prevalentemente pro-crescita, non sia sufficiente ad
affrontare il problema delle disuguaglianze e della sicurezza
alimentare, che le politiche di sicurezza alimentare siano per
loro natura multi-settoriali, multi-attori e multi-livello, e che
la reazione delle aree geografiche alle politiche prevalente-
mente dirette dal centro e indifferenziate sia molto diversa,
l’impegno politico dovrebbe concentrarsi su quattro aree
principali di intervento.
Il primo intervento riguarda il miglioramento del sistema di
governance della sicurezza alimentare. Come ricordato in
precedenza, la sicurezza alimentare è un concetto multi-di-
mensionalee richiede quindi un approccio multi-settoriale
ed inclusivo con il coinvolgimento di attori a livello sia na-
zionale che locale. Richiede anche che si definiscano ruoli e
responsabilità in un quadro di trasparenza e di equità con il
supporto di un adeguato corpo legislativo ed istituzionale. A
livello territoriale ciò si traduce con un impegno per creare le
capacità istituzionali, formali ed informali, anche attraverso
sistemi innovativi, come per esempio, i forum multi-attori che
coinvolgano il settore pubblico, quello privato e la società
civile. Queste forme organizzative possono svolgere un ruolo
catalitico nello sviluppo di una visone di sviluppo condivisa
a livello locale e nell’influenzare le politiche nazionali in un
quadro di fiducia tra gli attori.
Il secondo attiene alla crescita economica. Come ricordato in
precedenza, la crescita economica è una condizione necessa-
ria per la riduzione della povertà e della fame nel mondo ma
non è sufficiente a ridurre le disuguaglianze. Il nodo principale
da sciogliere nel modello di crescita prevalente è la politica
degli investimenti pubblici, oggi fortemente orientata verso
le agglomerazioni urbane a discapito delle aree rurali e più
svantaggiate secondo la logica che gli investimenti nelle aree
urbane hanno rendimenti più alti e possono generare tassi di
crescita più alti di cui si avvantaggeranno in futuro anche le
aree più remote. Con questa logica l’esodo rurale viene visto
come un fatto positivo perché i migranti possono trovare op-
portunità di lavoro e di reddito con ripercussioni positive sulle
loro aree di origine. Non sembra tuttavia che il modello fondato
sull’esodo rurale possa dare soluzioni sostenibili allo sviluppo
perché non solo contribuisce a depauperare le aree più remote
che potrebbero avere un potenziale di sviluppo ma compor-
tano rischi sempre più alti quali l’incremento della povertà
nelle aree urbane e situazioni di tensioni sociali nelle aree di
concentrazione dell’immigrazione. Inoltre, va ricordato che se
la popolazione rurale, grazie alle migrazioni, si va riducendo,
in termini assoluti continua ad aumentare, aumentando così
37 obiettivi del millennio
OBIETTIVI DEL MILLENNIO
/ COOPERAZIONE
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