ROTARY |
maggio 2012
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I
l mondo oggi è così stret-
tamente connesso che nes-
suno può più dire “non mi
interessa” di quanto avviene
in altre parti della terra. La
tendenza a chiudersi in una
società sempre più egoista,
a difesa del proprio benesse-
re, è controproducente. È un
terribile boomerang che, pri-
ma o poi, ci si ritorce contro.
Quando si innalzano barriere per tene-
re fuori chi bussa alla nostra porta, quei
muri più che scongiurare il pericolo
esterno, tengono noi prigionieri, den-
tro una gabbia. Come afferma il poeta
e scrittore tedesco Hans M. Enzensber-
ger: “Quanto più un Paese costruisce
barriere per difendere i propri valori,
tanto meno valori avrà da difendere”.
La grave crisi che stiamo vivendo non è
solo economica. È soprattutto etica. Il
relativismo morale pervade ogni aspet-
to della nostra vita, pubblica e privata.
Siamo alle prese con diverse emergen-
ze. Gli scenari della globalizzazione ci
mettono a contatto con vecchie e nuo-
ve emergenze dell’umanità: dalla guer-
ra alla fame, dall’esodo dei migranti
all’integrazione tra popoli con culture,
storie e tradizioni differenti. Il fenome-
no delle migrazioni è ormai massiccio.
Coinvolge decine di milioni di persone
alla ricerca di un futuro, e una speranza
di vita per sé stessi e i propri cari.
Nel mondo cresce la disuguaglianza
tra ricchi e poveri. Ogni anno cinque
milioni di bambini muoiono di fame.
A fronte di questa emergenza, in molte
nazioni si sprecano beni alimentari e si
ostentano sfarzo e ricchezze. Mentre
nei Paesi del Terzo mondo c’è chi muo-
re di fame, paradossalmente nel ricco
Occidente si muore per eccesso di ali-
mentazione. Da una parte armadi pie-
ne di medicine che, spesso, finiscono
inutilizzate nella spazzatura. Altrove,
una gravissima carenza di interventi
minimi, dall’acqua non inquinata alle
vaccinazioni, che potrebbero salvare
tantissime vite o curare malattie. L’al-
tro nome della pace è la giustizia, ri-
cordava Paolo VI. Cioè, una più equa
distribuzione delle risorse della terra.
Oggi, il venti per cento della popolazio-
ne consuma l’ottanta per cento dei beni
del mondo, lasciando le briciole agli al-
tri. I “popoli della fame” interpellano
quelli dell’opulenza. Non c’è nulla che
potrà fermarli. I beni della terra sono
universali, a disposizione di tutti. La
giustizia è inseparabile dall’amore. È la
prima via della carità. Anzi, ne è la “mi-
sura minima”. Per una società più giu-
sta e più a misura della persona uma-
na e della sua dignità, come ricordava
Paolo VI nella Populorum progressio.
Un “altro mondo è possibile”, ci dice
Benedetto XVI nella sua ultima encicli-
ca Caritas in veritate, dove la respon-
sabilità verso gli altri si sostituisca
all’egoismo. E dove a prevalere siano
modelli positivi di sviluppo, improntati
alla sobrietà, alla solidarietà e sussi-
diarietà. Dove l’uomo e la sua dignità
contino più delle merci e del profitto. Il
mondo è una sola famiglia umana. Un
villaggio globale”, dove tutto è corre-
lato. Ed è bene educare i nostri ragazzi
alla mondialità. A saper guardare al di
là dei confini del proprio Stato. Il sotto-
sviluppo è la mancanza di fraternità tra
gli uomini e i popoli. La stessa globaliz-
zazione senza una “autentica fraterni-
tà” è destinata a fallire. “Ci rende vicini,
ma non ci rende fratelli”, ricorda Papa
Ratzinger. I gravi problemi del mondo
(
un miliardo di persone muoiono di
fame o per malattie), si possono vince-
NON SI PUÒ DIRE
NON MI INTERESSA”
Don Antonio Sciortino
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