ROTARY |
maggio 2012
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costituisce dunque uno strumento tera-
peutico, e proprio per tale motivo deve
essere realistica, equilibrata, “pazien-
te” verso i tempi della sua realizzazio-
ne. Nella pazienza sta la saggezza del
terapeuta e la forza della speranza. La
saggezza consiste anche nell’uso sa-
piente delle conoscenze scientifiche
e delle esperienze acquisite, e nella
scelta degli strumenti adatti per ogni
singola persona-paziente. Nella nostra
visione antropologico-personalistica,
l’ascolto empatico del paziente, forni-
sce fenomenologicamente i suggeri-
menti per evocare le forme di bellezza
a lui più congeniali, a partire proprio
dalla loro “assenza” nel suo orizzonte
esistenziale attuale. L’evocazione con
le modalità adatte, unitamente ad altri
atti interiori, risveglia la nostalgia per
la bellezza “perduta”, che così diviene
desiderabile e sperabilmente godibile.
A piccoli passi, le esperienze di bellez-
za attuate con i cinque sensi da parte di
una persona unicamente concentrata
sulla vista (di immagini mentali orrifi-
che), e sull’udito (di “voci” ossessiva-
mente angoscianti), aprono la via per
recuperare il rapporto con il mondo
delle cose, a “oggettivare”, uscendo da
un pericoloso soggettivismo solipsisti-
co. E che la realtà, con la profusione
della sua bellezza, sia terapeutica per
l’uomo, ce lo ricordano i primi versi
dell’
Endimione
di John Keats, morto
giovanissimo ma già esperto di grandi
sofferenze:
Una cosa bella è una gioia per sempre:
cresce di grazia; mai passerà
nel nulla; ma sempre terrà
una silente pergola per noi, e un sonno
pieno di dolci sogni, e salute, e quieto
respiro.
Perciò, ogni mattino, intrecciamo
una catena di fiori per legarci alla terra,
malgrado lo sconforto, il disumano
vuoto
d’animi nobili, i giorni tristi,
le perniciose e ottenebrate vie
della nostra ricerca: sì, malgrado tutto,
una forma bella il drappo toglie
allo spirito triste. (…)”
Solo chi sogna il bello e il bene, pur
nella malattia, può sperare, con tutte
le forze residue, che si realizzino; già
nell’atto di sperare avverte un certo
benessere che non sa spiegarsi, ma
che le neuroscienze attribuiscono
all’attivazione di specifiche sostanze
chimiche in aree ben definite del cer-
vello. Ed è stupefacente constatare
con le tecniche a disposizione che i
processi mentali attivati dal sogno e
dalla speranza, e dalle motivazioni che
li sottendono, modificano la plasticità
neuronale, agiscono visibilmente sulle
connessioni tra i neuroni (fenomeno
definito sinaptogenesi), e modificano i
comportamenti delle persone, renden-
dole più consapevoli e libere. La recu-
perata capacità di percepire le prime
manifestazioni della bellezza avviene
grazie all’attivazione di un nucleo cere-
brale, l’amigdala, fortemente coinvolta
nel disturbo alimentare e nell’ansia:
quale segno più concreto degli effetti
positivi del sogno e della speranza? Ci
sono tuttavia malati che non sperano,
o sembrano aver perso la capacità di
sognare, o non vogliono sognare: una
forma di resistenza al cambiamento.
Proprio perché l’approccio alle varie
resistenze è empatico, nel senso che
vede nelle resistenze un momento di
difficoltà del paziente e non un’oppo-
sizione, lo scarso controllo emotivo
del vissuto empatico potrebbe indur-
re percezioni negative nel terapeuta,
ed esse potrebbero rinforzare i vissuti
disperati” dei pazienti per il fenome-
no del rispecchiamento. La dispera-
zione del paziente (l’anoressia-bulimia
è definita
hopelessness disease
dagli
anglosassoni), la sua percezione di
non poter essere aiutato (
helplessness
disease
),
di essere isolato dal mondo,
vengono percepite mimeticamente in
modo inconscio dal terapeuta che può
sviluppare rabbia, senso di impotenza,
disperazione nei confronti del paziente
e dei risultati della terapia. In tal modo,
egli lo influenza negativamente, atti-
vando un processo mimetico circolare
che aggrava (e può perpetuare) gli ef-
fetti della malattia. Questo processo di
contro-transfert
negativo è ben noto in
psichiatria. Se il paziente non attribui-
sce senso alla sofferenza, se non spera,
o spera in modo conforme al suo desi-
derio contrario alla salute, il terapeuta
deve reagire con realismo e con quella
capacità di rovesciare le situazioni che
proviene appunto dalla speranza, pa-
rola che possiede già, nella sua radice
indoeuropea, la premonizione della
ri-
uscita
,
pur partendo da un sentimento
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