ROTARY |
maggio 2012
38
affetti costruiscono l’equilibrio della per-
sona, la cultura della società nella quale
vivi orienta la scala dei valori che respiri.
Credo di poter affermare che la qualità di
ogni vita sta in primo luogo nella qualità
dei rapporti, e che la radice della speranza
è nella compagnia. Gli unici solitari felici
che conosco sono i monaci e le monache
eremite ma anche loro vivono una compa-
gnia che è quella di Dio, dei fratelli e delle
sorelle per i quali pregano e che amano
nella relazione spirituale. Nella costru-
zione della capacità e della qualità delle
relazione sta la prima grande impresa del-
la fede e della umanità. È convinzione dif-
fusa che alcune persone per nascita sono
capaci e facili nelle relazioni, mentre altre
nascono con un carattere meno espansi-
vo e più riservato. La conclusione è che la
capacità di relazioni sia dote nativa e non
scelta e disciplina, cura e verifica. Non è
vero. Alla base delle relazioni sta, deve
stare la fede, una fede. I cristiani sanno,
perché questo è il messaggio centrale del
Vangelo, che ogni uomo e ogni donna è fi-
glio o figlia di Dio con una dignità che non
è uguale a nulla e nessuno perché nulla
è nessuno è superiore a Dio (e perciò ai
suoi figli). Non metto tra parentesi l’af-
fermazione che credere che ogni uomo e
donna è figlio o figlia di Dio è il maggiore
impegno della fede cristiana. Gli amori e
le amicizie nascono per una molteplicità
di motivi, il rispetto e la cura per ogni es-
sere umano, nasce dalla fede, sia essa la
fede nel Vangelo oppure nella Costituzio-
ne Italiana. All’inizio ho affermato che si
sentono molte più critiche che apprezza-
menti, che raramente quando si parla di
persone che non siano strettamente lega-
te si vedano e si dichiarano le belle qua-
lità. Avviene come ci fosse una specie di
miopia quando si guardano gli altri, come
se le belle qualità degli altri giudicassero i
nostri errori o le nostre deficienze, come
se il veramente intelligente, il veramente
bravo, soprattutto se vicino e incontrato
fosse una minaccia o chissà per quale
altro motivo. La relazione nasce quando
si dà valore all’altra persona , è la convin-
zione, la certezza o la fede, che una per-
sona ha certamente una parte buona con
la quale è possibile allearsi, intendersi. La
relazione incomincia così. Richiede visio-
ne, ascolto, pazienza, sforzo per capire,
misericordia e alla fine perdono. Niente di
nuovo: usiamo queste regole con i nostri
figli e con tutte le persone che amiamo ve-
ramente. Si tratta solo di affinare una vir-
tù che ha anche un altro nome, e il nome
è “amore”. Non chiamatelo “buonismo”
perché il buonismo non ha bisogno della
sincerità, della giustizia, del riconosci-
mento e della condanna di comportamen-
ti violenti, egoisti, discriminatori. Tanto
per fare un esempio e si capisca, nel car-
cere minorile di Milano dove opero, quan-
do insieme con gli altri educatori costru-
isco un progetto per l’uscita dal carcere
esigo il pentimento, chiedo che il giovane
si renda conto del male fatto perché ci
sono delle vittime e chi ha subito violen-
za ha diritto al rispetto. Se non c’è penti-
mento non nasce neanche il progetto per
l’uscita dal carcere. La relazione che è la
prima declinazione di ogni amore ho già
detto che è una scelta ed una disciplina: si
decide, si impara, si sorveglia, si confron-
ta. La identificherei con la vita spirituale
sia laica che religiosa. È un cammino nel
quale il primo riconoscimento, valore e
pazienza riguarda noi stessi.
LA SPERANZA “PUBBLICA”
Viviamo un tempo di grandi difficoltà.
Molte persone, anche in Italia e in Europa
hanno perfino la difficoltà della casa e del
cibo. Molti di noi si sentono minacciati
da una condizione economica e sociale
in grande trasformazione. Tre parole mi
sembrano fondamentali: competenza,
solidarietà, senso della misura, della pro-
pria misura. La competenza è una dote
morale” come condizione e richiesta di
cercare e di raggiungere tutti gli strumen-
ti necessari per risolvere o partecipare
alla soluzione dei problemi nei quali sia-
mo coinvolti. A maggior ragione la “virtù”
della competenza riguarda le funzioni
per le quali abbiamo responsabilità. Con
il buon cuore forse si andrà in paradiso,
ma senza competenza non si risolvono i
problemi economici, sociali e politici. In
troppi campi compresi quelli del governo
della cosa pubblica la competenza non
è più sentita come un dovere morale.
La speranza si compone anche di com-
petenza. La seconda parola chiave della
speranza è la cura della comunità, degli
altri fuori dalla nostra famiglia: la soli-
darietà. Si chiama anche assunzione di
responsabilità quando si hanno i mezzi
per rispondere ai bisogni che incontria-
mo e riconosciamo davanti a noi: vicini
o lontani. È un dovere morale aiutare chi
ha bisogno. Ognuno che abbia possibilità
è fortunato, crea speranza se, giudicando
le sue possibilità generosamente con-
1...,30,31,32,33,34,35,36,37,38,39 41,42,43,44,45,46,47,48,49,50,...68