ROTARY |
maggio 2012
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V
iviamo in un periodo
storico da “basso im-
pero”, dove la società
liquido-moderna, secondo la
felice definizione di Bauman,
appare dominata dalla pau-
ra del declino della crescita
economica e delle aspetta-
tive della qualità della vita;
non è forse casuale che in
ambito psichiatrico si osservi
la diffusione dell’ansia, delle
dipendenze e dei disturbi del
comportamento alimentare.
In una temperie culturale prevalente-
mente relativistica, sogni e speranze si
dissolvono rapidamente se sono incon-
sistenti nei contenuti, se non nascono
dall’esperienza della sofferenza, e se
non hanno radici profonde che attingo-
no alla spiritualità; essi sopravvivono
negli individui educati interiormente, e
acquistano forza e significato per anti-
frasi.
Per comprenderne la portata nella vita
delle persone è utile far riferimento a
una situazione-limite tra le esperienze
umane, rappresentata dalle malattie
mentali, e in particolare dai disturbi
del comportamento alimentare, e il
loro corteo di disturbi di personalità
soggiacenti: qui infatti sogno e speran-
za sembrano irrealizzabili, o subiscono
un’alterazione del significato che di-
venta patologico (la magrezza estrema,
l’autocontrollo completo). Il disturbo è
così auto-centrato, che non è difficile
scorgere nel
vortice che aspira verso il
nulla
(
immagine comunemente riferita
nell’anoressia) l’avvitamento dell’
io
su
se stesso, sino a restare chiuso nella
gabbia
o in fondo a un
tunnel senza
LA FORZA DEL SOGNO
E DELLA SPERANZA:
UNA SFIDA
PER IL TERAPEUTA
Maurizio Bosio
luce
,
sino a precipitare nel
baratro
(
tut-
te parole-chiave del disturbo). Sperare
qualcosa, sperare in qualcuno o qual-
cosa, è conseguente all’aver effettuato
una scelta in quella direzione. Presup-
pone cioè l’apertura al rischio di sce-
gliere, di lasciare qualcosa a favore di
qualcosa d’altro ritenuto più desidera-
bile o vantaggioso; ma scegliere signi-
fica anche esporsi all’incertezza della
libertà, che a sua volta può provocare
angoscia. Si comprende allora che, chi
è intrappolato nei circuiti neuronali
abitudinari che danno sicurezze, per
quanto false e pericolose, non è dispo-
sto a rischiare di abbandonare il rifu-
gio della malattia per aprirsi al rischio
della libertà, in nome di una salute av-
vertita come pericolosa in quanto porta
a modificare l’immagine corporea desi-
derata e a rinunciare alle paure e alle
ossessioni.
L’errore di certe modalità terapeutiche
è proporre al paziente soluzioni che
seppur talora tecnicamente ineccepibi-
li, non tengono conto dei suoi vissuti,
delle sue difficoltà a motivarsi per il
cambiamento: motivarsi a scegliere la
difficile strada della salute. Nella re-
lazione dialogica paziente-terapeuta,
dovrebbe avvenire uno scambio signi-
ficativo e reciproco di “doni” sulla base
della fiducia; da parte del terapeuta il
primo e più significativo dovrebbe es-
sere il trasferimento (energetico) di
una
visione
,
che è sogno a occhi aper-
ti di una condizione realizzabile: una
condizione esistenziale migliore per il
paziente, adatta alla sua personalità,
centrata sul recupero dell’armonia in-
teriore e della capacità di percepire la
bellezza della vita, sul recupero dell’in-
tegrità e unità delle dimensioni psico-
fisiche e spirituali della sua persona: in
una parola il
kalòn
,
secondo la dizione
greca. A sostenere il sogno verso la sua
concreta attuabilità è la speranza, la
componente energetica che il terapeu-
ta trasferisce al paziente. La speranza
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