FOCUS
/ OBIETTIVI DEL MILLENNIO
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ROTARY
giugno 2013
rischio di mortalità materna raddoppia se la mamma ha più di
35 anni, e il taglio cesareo è associato alla morte materna tre
volte di più del parto spontaneo, anche se parte dell’aumento
di rischio è in realtà da attribuire alla patologia che ha reso
opportuno il taglio cesareo, più che all’intervento chirurgico in
sé. Anche l’essere cittadine straniere e avere un basso livello
di istruzione è associato a un rischio più alto di morte materna.
Emorragie, tromboembolie e disordini ipertensivi della gravi-
danza, sono risultate le cause di morti dirette più frequenti.
Se in Italia abbiamo una situazione costantemente monito-
rata anche grazie alla qualità delle nostre strutture mediche
e sanitarie, la percentuale di decessi legati alla gravidanza
aumenta nei paesi in via di sviluppo.
Le donne muoiono durante la gravidanza e il parto perché i
sistemi sanitari sono inadeguati, soprattutto nelle zone rurali.
Sono insufficienti le attrezzature mediche, i medici e i profes-
sionisti in grado di assistere le partorienti.
E ridurre le morti per parto non è solo questione di salute, ma
anche di giustizia sociale e diritti umani, perché la maggio-
ranza di queste morti è evitabile.
Prevenire le morti materne richiede la giusta combinazione
tra investimenti e politiche di salute pubblica per mante-
nere le donne sane durante la gravidanza e per trasmettere
informazioni di salute essenziali. Questo significa investire
non solo in attrezzature mediche, ma anche in progetti per
la distribuzione dell’acqua e delle apparecchiature igieniche
e nella preparazione delle donne. La presenza di assistenti
sanitari preparati è essenziale per aiutare le donne durante
il travaglio anticipando eventuali problemi. L’accesso a una
cura ginecologica perfettamente equipaggiata per l’emer-
genza è essenziale per affrontare le complicanze appena si
presentano.
I dati sulla proporzione di nascite seguite da personale sa-
nitario preparato indicano che sono stati fatti progressi in
questa direzione nel sud-est asiatico e nel nord Africa. Ma
non ci sono stati miglioramenti nell’Africa subsahariana dove
la mortalità materna resta altissima. La copertura è univer-
salmente più carente nelle aree rurali che nelle aree urbane.
Non a caso questa problematica rappresenta il quinto degli
In Italia, secondo i dati ISTAT, il rapporto di mortalità ma-
terna si è ridotto da 13,1 per 100.000 nel 1980 a 3 per
100.000 nel periodo 1998-2007.
In diverse regioni italiane il rapporto di mortalità materna è
da 2 a 7 volte superiore di quello stimato dall’Istat: a soste-
nerlo è uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità.
Lo studio, finanziato dal Ministero del Lavoro, della Salute
e delle Politiche sociali, ha visto coinvolte nel progetto di
rilevamento dati il Piemonte, l’Emilia Romagna, il Lazio, la
Toscana, la Campania e la Sicilia, dove risiede il 48% delle
donne italiane in età.
La sottostima non dipende dall’errata rilevazione dati da
parte dell’Istat, ma dal fatto che i certificati di morte non
spiegano il fenomeno della mortalità materna in maniera
appropriata. Ciò è dovuto alla complessità della definizione
di morte materna che comprende non solo il decesso di una
donna durante la gravidanza, ma anche quello entro 42 giorni
dal suo termine, per cause dovute a malattie o complicanze
sorte durante la gestazione, durante il parto o dopo di esso,
che magari erano già presenti nella vita della madre, ma che
si sono aggravate proprio durante i 9 mesi.
I dati regionali permettono di osservare un trend da nord a
sud con rapporti da 2 a 7 volte il dato nazionale (3 casi di
morte ogni 100 mila nati vivi). I valori più bassi sono stati
registrati al Nord e in Toscana, mentre quelli più alti sono
stati rilevati nel Lazio e in Sicilia, che detiene il record con
22 madri morte ogni 100 mila bambini nati vivi.
Quanto ai fattori di rischio, lo studio ha evidenziato che il