Rotary | Giugno 2013 - page 59

OPINIONI
57 opinioni
– vanno di là dell’apparenza delle cose, della loro manifesta-
zione fenomenica, esteriore, per ritrovare il loro fondamento
nascosto. In un saggio il cui titolo – L’uomo e il Rotary –
dice da solo quanto lontano Federico Weber gettava il suo
sguardo, si chiedeva come mai il Rotary avesse messo a suo
fondamento, a regola della sua azione, quel grande valore
che è l’amicizia. E offriva questa sorprendente risposta: «Il
Rotary è nato dalla constatazione
della solitudine dell’uomo. Perciò
si è costruito sull’amicizia. Che
cosa essa sia ce lo insegna l’e-
sperienza personale. Quelli di noi
che l’hanno sperimentata, sanno
che l’amicizia è un inestimabile
dono dell’esistenza». Riappare
qui quella parola – “servizio”
– che, assieme all’altra appena
indicata – “amicizia” –, contras-
segna tutto il senso dell’agire ro-
tariano. Servizio è naturalmente
un termine ambiguo (viene da
servus) ma Weber, nonostante di-
cesse di usare questa parola con
qualche riserva, si preoccupava soprat- tutto di indicare il
significato che questo termine assume in quello che chia-
miamo lo “spirito rotariano”. Partendo da una premessa:
«Tutti noi abbiamo una concezione personalistica dell’uomo.
Non è mezzo, ma fonte di diritti e loro fine. Non servirsi
dell’uomo, ma servire l’uomo, cioè rispettare e favorire ciò
che fa umano l’uomo, dunque la libertà, la giustizia, la soli-
darietà e necessariamente l’universalità».
Ritornano qui quei valori “assoluti” del Rotary, ma appaio-
no anche due concetti decisivi per intendere la visione del
Rotary di Federico Weber: servire significa strapparsi alla
soggettività e all’autosufficienza di una vita vissuta per se
stessa. […] La vita umana non può viversi che in relazione
con le altre vite. Nessuna può autogiustificarsi. Tutte hanno
bisogno delle altre. La volontà di servizio comincia con la
scoperta della nostra compatta solidarietà e il desiderio di
accedere alla realtà dell’altro, per dargli qualcosa che gli
manca». Federico Weber sapeva che i soci del Rotary soli-
tamente appartengono a una classe sociale “privilegiata”;
era preoccupato che il “servizio” diventasse esibizione o,
peggio ancora, “carità” nel senso meno felice del termine.
Di conseguenza Federico Weber era molto attento da una
parte a non enfatizzarlo eccessivamente, mentre dall’altra
tentava, o meglio, si proponeva, di dare a quell’idea una ra-
dice filosofica vicina alla sua fede,
al Cristianesimo: «So per certo
che non possiamo salvare il mon-
do. Ma qualcosa pure possiamo
fare. Nella misura in cui la nostra
iniziativa opera una trasformazio-
ne, noi introduciamo nel mondo
un po’ più di verità e di bene.
[…] Quello che tutti possiamo
fare è uscire dalla nostra prigione
personale, per entrare in quella
altrui. […] È così che l’io e il tu,
invece di opporsi e combattersi,
diventano un noi unanime e fra-
terno. Operare in questo senso è
l’onore, è la dignità del Rotary».
Questa visione non celebrativa, ma fortemente positiva del
Rotary, non gli impediva, anzi forse gli richiedeva, di os-
servarlo con occhio critico. «Chiedo a tutti un esame di
coscienza rotariano, per rendervi conto delle vostre eventuali
deficienze nei confronti del Rotary e prima di tutti del Rotary
che vi è più vicino: il vostro club. Cosa gli avete tolto? Tolto,
con la non partecipazione o un’insufficiente preparazione,
quella di una pura e semplice presenza, senza un contributo
d’idee e di opera o, peggio, con una critica non costruttiva
o con l’atteggiamento e il comportamento di uno scettici-
smo disincantato, che non può certo essere stimolante per
gli altri. E cosa gli avete dato in cambio di quel che avete
ricevuto? Perché avete ben ricevuto qualcosa: una parola di
comprensione, uno sguardo di amicizia, un contributo d’in-
formazioni e di idee, uno stimolo a uscire dalla seducente
prigione del nostro io, per andare verso gli altri, con moto
magnanimo di solidarietà».
EL ROTAėY L’AMICIZIA
NON SI ESAUėISCE IN SE STESSA.
E PEė UN VEėSO ESSA È FINE, PEė UN
ALTėO VEėSO È ANCHE MEZZO.
I VUOLE CHE QUEL
CHE ABBIAMO ėICEVUTO,
SIAMO DISPOSTI A CONDIVIDEėLO.
A NOSTėA È UN’AMICIZIA
OėGANIZZATA AL FINE DEL
SEėVIZIO DELL’UOMO.
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