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GRANDI TEMI
“In Uganda, gli spot alla radio funzionavano molto meglio
che i social media” dice. I donatori dovrebbero chiedersi
se la persona famosa nello spot televisivo o nella mail di
sollecitazione stia anche firmando un grosso assegno come
donazione, specialmente tenendo conto dei salari dei presen-
tatori e degli atleti. Marc Pollick, fondatore e presidente della
Giving Back Fund una no profit che consiglia le celebrità per
aiutarle a gestire le loro donazioni, distingue tra i portavoce
illustri (“È una bella cosa avere l’attenzione di una celebrità
alla tua associazione di beneficenza”), quelli il cui “nome è
sulla porta” di una fondazione, cosa che porta il pubblico a
supporre che quella star sia uno dei maggiori donatori.
“Non sembra che i salari nello sport e nell’intrattenimento
diminuiscano” continua Pollick. “Se fai parte del centro di
backup di una squadra NBA, guadagni 5 milioni l’anno. E
finché le celebrità saranno pagate con tali somme la filantro-
pia continuerà. La filantropia delle celebrità è confermata”.
Lenkowsky concorda: “Non hanno solo prestato il loro nome
e la loro presenza ad un torneo di golf”.
Pollick fu ispirato a fondare la Giving Back Fund dopo aver
letto un articolo in prima pagina sul Washington Post che
descriveva l’implosione di parecchie fondazioni nate sotto
“l’ala degli atleti”. La cattiva le aveva fatte fallire tutte. La
causa maggiore del fallimento, dice lui, fu che molti membri
non qualificati della famiglia furono messi nei consigli d’am-
ministrazione.
La Giving Back Fund, ha il potere di incoraggiare un atleta al
culmine della sua carriera a mettere i soldi in un fondo che
conseguentemente genera un’attività di filantropia. Il fondo
dopo un certo numero di anni potrebbe generare un ritorno
alla celebrità, o continuare a vantaggio della beneficenza; la
celebrità sceglie come strutturarlo.
Hanna Aase
, esperta di business socialmedia, con
Marc POLLICK
ideatore della Giving Back Found