Rivista Rotary | Gennaio / Febbraio 2015 - page 31

MAHAMOUD AHMAD: dalla Somalia all’Etiopia
Nel 1988, quando aveva 10 anni, Mahamoud Ahmad fuggì
da casa sua durante la guerra civile in Somalia. Lui e la sua
famiglia trovarono posto in un accampamento per gli sfollati
interni (IDP), lontani dal loro villaggio, nella regione semiau-
tonoma del Somaliland. “Abbiamo dovuto arrostire il grano,
perché non c’era abbastanza acqua per cuocerlo”, ricorda.
“A causa della mancanza di cibo, ho visto sin da bambino,
morire la gente”, dice Ahmad. “Fino all’età di 14 anni, non
ho potuto andare a scuola”, ricorda. “Ma una volta in grado di
recuperare ho affrontato i 12 anni di formazione in soli 4 anni
di frequenza, cogliendo ogni occasione per imparare qualcosa
di nuovo e studiando dalla mattina alla sera. Poi, innamorato
dello studio, ho trascorso 13 anni in ambito universitario,
sostenuto dalla mia stessa grande determinazione e da bene-
fattori che hanno creduto nelle mie capacità, come il Rotary.”
La sua formazione comprende un master Rotary ottenuto al
Centro della Pace della l’Università di Bradford, in Inghilterra,
dove è stato dal 2008 al 2010. La comprensione dei concetti
di pace e conflittualità ha fatto emergere in lui la vocazione
all’aiuto dei rifugiati, perché possano superare i problemi che
lui stesso ha conosciuto nel corso della vita. Ahmad ripercorre
in poche parole la parabola del suo viaggio: “Sono stato un
rifugiato, sono stato in un IDP, sono stato un rimpatriato.”
Ahmad è impegnato nella funzione di coordinatore del pro-
gramma d’istruzione Norwegian Refugee Council d’Etiopia,
che comprende campi nel Corno d’Africa e nello Yemen, ripa-
ro più di 100.000 persone nel solo 2013. Ogni anno, l’orga-
nizzazione fornisce anche l’istruzione e la formazione pratica
di migliaia di profughi provenienti da Eritrea, Kenya, Somalia,
Sud Sudan e Sudan. Ricorda il suo recente lavoro a Dimma,
al confine tra l’Etiopia e la zona calda del Sud Sudan: “Il
combattimento in quella zona è stato molto violento. Abbiamo
rischiato di essere uccisi solo perché appartenenti a una ONG,
perché i ribelli pensano di poter ottenere qualcosa da chi ne
fa parte. Non ci sono strutture per i rifugiati, né per chi porta
aiuto. Lì ho contratto la malaria, e i miei amici sono stati vit-
time di un agguato, in una situazione generale in cui i rischi
sono innumerevoli”. “Lavorando nei campi ci si dimentica di
se stessi. Non ho neppure realizzato il passare degli otto mesi,
in cui non ho visto né mia moglie, né i miei figli. E quando si
esce da un campo è un po’ come resuscitare”.
Eppure Mahamoud sembra essere rincuorato dalla consa-
pevolezza di poter fare la differenza con i suoi interventi, e
il suo pensiero corre alla base operativa, nel campo NRC di
Dollo Ado, in Etiopia. È rincuorato dalla differenza che la sua
opera può fare nel campo d’accoglienza, dove gli adulti, tra i
rifugiati, possono imparare i mestieri di elettricista, saldatore
e sarto; mentre i più giovani ricevono l’educazione di base.
1...,21,22,23,24,25,26,27,28,29,30 32,33,34,35,36,37,38,39,40,41,...70
Powered by FlippingBook