Rivista Rotary | Gennaio / Febbraio 2015 - page 32

Come coordinatrice del programma di re-insediamento del
Centro di Aiuti Internazionale, Langan Courtney lavora dalla
sede della megalopoli malaysiana Kuala Lumpur, che conta
una delle più grandi popolazioni di rifugiati urbani di tutto il
mondo. L’organizzazione provvede ogni anno al reinserimento
di circa 10.000 rifugiati negli Stati Uniti.
“Il numero di conflitti protratti comporta che più generazioni
stiano nascendo nei campi profughi”, dice Courtney. “Per un
numero crescente di persone non ci sono case e soluzioni di
reinserimento sociale nei Paesi d’origine. Meno dell’1% dei
rifugiati di tutto il mondo entra a far parte di un Paese terzo,
come per esempio gli Stati Uniti.
“Milioni di persone languono in campi profughi. È una cosa
difficile da accettare, ma il bisogno è di gran lunga superio-
re alla capacità di aiutare”, dice Courtney, che ha studiato
presso il Centro della Pace del Rotary della Chulalongkorn
University, nel corso del 2012.
Un esempio è Yogeeta Gurung, una ragazza del Bhutan che
viveva in un campo profughi in Nepal e che ha trovato una so-
luzione di reinserimento, con tutta la sua famiglia, a Oakland,
in California, proprio grazie alla sua mediazione. “A meno di
un anno dall’inizio della sua nuova vita, Yogeeta ha vinto la
gara di spelling nel suo quartiere”, dice sorridente.
“Fare marcia indietro di fronte alle avversità, non è un’opzio-
ne possibile, soprattutto quando una tragedia personale in
famiglia influisce su ogni persona che si trova a crescere in
un ambiente fortemente condizionato dallo stato di crisi della
comunità. Quando avevo 11 anni, la mia casa è bruciata nel
bel mezzo della notte, provocando la morte di mio papà e dei
miei tre fratelli, e compromettendo seriamente mia madre e
me, sia fisicamente che emotivamente. Alla rabbia è suben-
trato un forte senso di colpa dovuto alla nostra sopravvivenza.
Solo dopo molto tempo questi sentimenti si sono trasformati
in motivazione all’aiuto del prossimo, a quanti stessero com-
battendo per ricostruire la propria vita, di fronte alle grandi
difficoltà e a gravose perdite.
Io non oso neppure equiparare le mie lotte a quelle dei rifu-
giati, sono stata molto aiutata da tutta la famiglia allargata e
ho avuto una buona educazione. Ho compreso che la felicità
e la speranza sono possibili, anche se c’è una fase in cui la
speranza sembra perduta” racconta Courtney. “Non ho alcu-
na difficoltà a fare da spalla a chi vive nel bisogno. Non provo
disagio e ciò mi permette di compiere consapevolmente, ogni
giorno, il mio lavoro”.
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ROTARY
gennaio-febbraio 2015
LANGAN COURTNEY: dagli Stati Uniti alla Malesia
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