Rivista Rotary | Aprile 2016 - page 17

I social network sono la sfida presente e futura delle
capacità comunicative di aziende, persone e associazio-
ni. Come credi si debba porre la nostra associazione in
rapporto a questi nuovi strumenti? Quali consigli, nello
specifico, ritieni utili per i club e i distretti italiani?
Credo che dal punto di vista strategico sia oggi ineludibile utiliz-
zare tutto ciò che l'era della comunicazione ci mette a disposi-
zione in senso materiale inclusi i social networks, tenendo però
presente che i mzzi di comunicazione sono spesso più avanzati
di ciò che si comunica. L'anticipazione della comunicazione tec-
nologica su quella culturale è forma patologica della società con-
temporanea, perciò dobbiamo fare attenzione ancora una volta
a non usare i social solo come amplificatori dei nostri servizi, ma
per essere rilevanti in questo secolo come persone che sanno
elaborare progetti profondi ed esprimerli alla velocità della luce.
La comunicazione rotariana utilizza per tradizione il ca-
nale della carta stampata. Credi che l’esistenza di una ri-
vista associativa sia ancora importante? In quale forma?
Sarebbe bello, facile e popolare nell'era della digitalizzazione
sostenere che tutti i supporti cartacei debbano essere sostituiti
con le nuove forme di diffusione. Però credo che un pochino di
tempo (magari non tanto) debba passare prima che questo ac-
cada. Dobbiamo probabilmente prima imboccare decisamente
il sentiero del ringiovanimento della nostra Associazione che
solo ora manifesta qualche timido segnale di rallentamento
rispetto all'età pensionabile (dato emerso all'ultimo Institute di
Milano). Più saremo parte operativa e vitale della società e più
potremo sintonizzarci con le tecnologie del momento, fino ad
allora una rivista associativa cartacea, magari con contenuti as-
solutamente in linea con i grandi temi del momento e in numeri
ridotti (o monografici) può mantenere una sua ragione di vita.
Pensando al futuro, come immagini il Rotary e il suo mo-
do di comunicare tra dieci anni?
Il periodo in questione è senz'altro da "sfera di cristallo", ma
proprio perché se analizziamo una sfera da diversi punti ognuno
può vederla in maniera differente ed esprimere la propria giusta
visione, paradossalmente direi che vedo un grande ritorno alla
relazione ed alla necessità di proporre il Rotary in qualsiasi mo-
mento... e, guarda caso, torniamo alla risposta numero uno; a
me basterebbe che tutti i rotariani decidessero di testimoniare
il Rotary sempre a partire dal vestire sempre la loro spilla, senza
provare imbarazzo per la loro dichiarazione di rotariani.
Come potrebbero i Distretti italiani fare sistema per esse-
re più rilevanti nei confronti della società civile?
I Distretti sono rappresentati dai Governatori e quindi la risposta
qui non può essere che tranchant: devono trovare il coraggio di
approfittare del forte messaggio di unità che viene dal rebran-
ding del Rotary e deporre le proprie ragioni territoriali, agendo
in nome di qualcosa che è più alto e più forte delle ragioni ter-
ritoriali e personali: il Rotary, l'unica cosa che conta, non le sue
declinazioni organizzative, che sono molto meno interessanti.
Così la continuità sarebbe un fatto naturale, un proseguimento
logico di intelligenze e non solo figlia di piani strategici condivisi,
per essere poi stravolti dal proprio pensiero protagonista.
Nel lungo periodo, quanto incide la continuità di visione,
per l’affermazione dell’identità associativa? Come attua-
re la continuità, in considerazione della durata annuale
della maggior parte delle cariche rotariane?
Questo è conseguente alla risposta precedente. in un'organiz-
zazione le cui massime autorità durano solo un'anno e non
hanno alcun potere né direttivo né sanzionatorio ed hanno
quindi un'autorità che è solo moto dell'intelletto, è importante
che queste cariche siano attribuite a persone di grande carisma
e coraggio. Il coraggio di mostrare di che pasta sono fatte,
non omologandosi, ma essendo sostanza vera, rispondente ai
bisogni; il coraggio di prendere posizione, di non adeguarsi a
qualcosa anche se la si ritiene sbagliata; il coraggio di cercare
di far cambiare il modo in cui si ragiona, non permettendo a
nessuno (soprattutto a chi si professa laureato in rotarianità
con 110 e lode) di dire loro cosa devono o non devono fare.
17 le sfide nella comunicazione
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