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Aveva realmente idea di quello che stava accadendo?

Non ero mai stato in una zona di guerra. Ma sapevo che quella

lo era, e quando sei giovane sei disposto a correre dei rischi.

Eravamo molto vicini al raggio d’azione dei jet russi che sgan-

ciavano bombe, la gente moriva intorno a noi. Non avevano né

armature né protezioni.

Come ha affrontato il trauma?

Ho cercato di abituarmici. In un certo senso le bombe hanno

iniziato a diventarmi indifferenti, anche se mi sentivo ancora

vulnerabile e impaurito. È stato davvero spaventoso. Il giro

mortale consiste nello sparare in aria così da rischiare che il

colpo finisca giù. In questo modo anche se sei dietro un muro,

non ti puoi nascondere.

Nonostante le sue paure, si è mai sentito come se avesse rispo-

sto alla chiamata della vita?

Si, tanto da diventare ossessionato da quella storia, da quelle

persone e da quella situazione. Tutto è diventato familiare e

allora volevo andare sempre più a fondo per scoprire e fotogra-

fare cosa c’era sotto.

Come è riuscito a far sviluppare il rullino e inviarlo a casa?

Ero vestito come un afgano e avevo cucito il rullino bianco e

nero tra le pieghe dei miei vestiti. Una volta rientrato in Paki-

stan, consegnai alcuni rullini a dei viaggiatori. La mia ragazza

fu in grado di spedirli a un paio di giornali. All’epoca non c’era

molto interesse a quello che stava accadendo, fino all’invasio-

ne dei russi in Afghanistan avvenuta nel dicembre 1979. Da

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ROTARY

giugno 2017

Dai monaci Shaolin in preghiera ai pescatori dello Sri Lanka impegnati nella pesca, McCurry è sempre stato affascinato dalle persone al lavoro, proponendo immagini

straordinarie e sorprendenti che ci invitano a riconsocerci nel soggetto ripreso. Sopra: Zhengzhou, Cina, 2004; Pagina seguente: Weligama, Sri Lanka, 1995.

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