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un’immagine rara. Inoltre lo scialle, lo sfondo e la luce giocano

anch’essi un ruolo importante nel funzionamento dell’imma-

gine. Se la foto fosse stata scattata in un altro momento del

giorno, non avrebbe avuto la stessa forza.

È stato molto tempo dopo che ha saputo il suo nome: Sharbat

Gula. È tornato e l’ha rivista 20 anni dopo, quando è riapparsa

sulla copertina del “National Geographic” nel 2002. Ha man-

tenuto i contatti con lei?

Si, mia sorella Bonnie è andata a trovarla giusto qualche setti-

mana fa. Siamo stati direttamente coinvolti nella sua vita per

più di 15 anni. Le abbiamo comprato una casa. Suo marito

morì di epatite C e ora anche lei sta combattendo contro que-

sta malattia. Essere una vedova in Pakistan o in Afghanistan

non è facile. Non esiste alcuna rete protettiva. Un’entrata fissa

aiuta lei e i suoi figli a sopravvivere. Senza quella, penso sa-

rebbe stata una storia molta diversa. Ora è stata riaccettata dal

governo afgano che le ha dato un appartamento. Ha incontrato

il presidente e sua moglie. Se non fosse stato per la foto, sono

sicuro che tutto ciò non sarebbe successo.

“Per capiremegliodovetti

scendere giù e fare foto

più da vicino”.

Come entra in connessione con i soggetti dei suoi ritratti?

Penso che si possa stabilire un legame o una connessione mol-

to velocemente. Ma non c’è una vera associazione tra il tempo

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ROTARY

giugno 2017

Non appena venne a sapere che un aereo si era schiantato sul

World Trade Center

l’11 settembre, McCurry iniziò a fare fotografie, prima dal suo studio (a destra)

e poi, il più vicino possibile al luogo dell’impatto (nell’altra pagina).

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