49
IL PREMIO GALILEI
fenicio (
L’Univers phénicien
, Paris,
1989); al Mediterraneo in età arcaica
(
La Méditerranée archaïque
, Paris,
1995); al sito di Megara Hyblea (
Méga-
ra Hyblaea 5. La ville archaïque
Rome, 2004), si accompagnano moltis-
simi contributi sui principali problemi
del Mediterraneo e dell’Italia in età
preromana, con particolare riguardo
ai traffici commerciali e alle relazio-
ni culturali tra i molti soggetti attivi
in questo ampio orizzonte geografico,
sempre con un solido taglio storico e
con una costante ed apprezzabile ten-
denza alle sintesi. Michel Gras ha avuto
il grande pregio di sapere coniugare la
sua capacità ad affrontare nel dettaglio
e in modo approfondito i singoli temi
trattati con la sua straordinaria pre-
disposizione ad inserirli in un quadro
storico generale con un’ampiezza di vi-
sione che ha spaziato dall’archeologia
classica all’etruscologia, rispondendo
pienamente sotto questo aspetto alle
linee del
L Premio Internazionale Ga-
lileo Galilei dei Rotary Club Italiani
,
dedicato per il 2010 all’Archeologia e
all’Etruscologia.
Ha saputo inoltre trasferire queste sue
capacità nella Direzione dell’
École
Française de Rome
che sotto la sua
guida si è aperta al dibattito scientifi-
co circostante sia sul piano del metodo
che su quello dei contenuti, cimentan-
dosi in alcune rilevanti esperienze di
studio e di scavo sul territorio nazio-
nale e divenendo un importante punto
di riferimento per studiosi di diverse
discipline e in particolare per studiosi
di archeologia e di etruscologia.
Per la solidità e l’importanza dei suoi
lavori, per le sue capacità innovative
e organizztive, per l’originalità dei ri-
sultati conseguiti e per la trasversalità
delle sue ricerche tra archeologia ed
etruscologia, la Commissione propo-
ne quindi all’unanimità di conferire al
Prof. Michel Gras il
L Premio Interna-
zionale Galileo Gallei dei Rotary Club
Italiani
.
Q
IL RICORDO DI TRISTANO BOLELLI
DI
U
MBERTO
L
AFFI
Questa cerimonia, associata al nome di Tristano Bolelli, spiega nella maniera più diretta e immediata
perché oggi celebriamo la sua figura di rotariano. Tristano Bolelli, rotariano del Club di Pisa, è stato Presi-
dente del Club nel biennio 1958-1959 e 1959-1960, Governatore dell’allora Distretto 188 per due man-
dati (1960-1961; 1961-1962), Director del Rotary International nel biennio 1965-1966 e 1966-1967;
nell’anno 1967 ha ricoperto la carica di Vice-Presidente del Rotary International.
Bolelli ci ha lasciati 10 anni fa, eppure il suo ricordo è ancora vivo in tutti noi e continua a suscitare quel
sentimento di gratitudine che si deve avere verso i maestri. Egli può essere annoverato a giusto titolo fra i
protagonisti della storia del Rotary nel nostro paese. Ma quali sono stati i cardini del suo pensiero e della
sua azione, e qual è il significato più profondo dell’eredità che ci lascia?
Quando Bolelli fu cooptato nel Club di Pisa agli inizi degli anni ’50 del secolo passato, il Rotary italiano
stava vivendo un periodo felice, di grande espansione, dopo la ricostituzione del sodalizio avvenuta nell’im-
mediato dopoguerra. In fondo, il Rotary era un’istituzione ancora giovane, che era nata, grazie all’intuizione
di Paul Harris, meno di cinquant’anni prima, nell’era cosiddetta progressiva iniziata con Theodor Roosvelt,
e manteneva quella carica di vitalità e di novità, quella spinta verso la ricerca di una migliore definizione
degli obiettivi che è propria degli organismi nella fase del loro sviluppo.
Durante questo primo cinquantennio della vita del Rotary, la filosofia del «service» e del «profit», che
guidava l’azione e l’impegno dei rotariani nella società, aveva subito una certa evoluzione, legata proprio
allo sviluppo e all’espansione del sodalizio in paesi diversi da quello d’origine. Il primo motto del Rotary:
He profits most who serves best risentiva della concezione del profitto propria dello spirito pragmatico della
mentalità nord-americana, dove è sempre stato vivo il retaggio dell’etica calvinista e puritana. Il profitto
materiale non era demonizzato, anzi la prosperità economia era vista come il segno di un servizio reso alla
società. Ma questa concezione non poteva soddisfare altre mentalità,in particolare quella dei paesi latini,
cattolici. Proprio nel 1950, alla Convention di Detroit, il motto subisce una reinterpretazione estensiva:
il profitto viene identificato non più e soltanto con il guadagno materiale, ma anche con «la serenità e
la soddisfazione dello spirito e del cuore». Il dilemma «service»-«profit» si presentava così stemperato in
una concezione che affascinava imprenditori, professionisti, uomini di cultura, di varia estrazione e prove-
nienza, desiderosi di dare un contributo alla nascita di un mondo che si voleva nuovo dopo gli orrori della
guerra. Bolelli aderì al Rotary proprio in quegli anni. Erano gli anni del boom economico, del «miracolo
italiano», come fu definito. L’Italia si stava trasformando velocemente. L’industria sorpassava l’agricoltura.
Nuove aspettative suscitava l’apertura del mercato europeo. Cambia in questo periodo anche la fisionomia
del Rotary italiano rispetto al periodo anteguerra: i club, che all’origine erano concentrati soprattutto nelle
aree industriali del Nord-Italia, si distribuiscono uniformemente in tutto il territorio. In 10 anni l’espansio-
ne del Rotary registra un incremento del 280%. I Rotariani fornirono in quegli anni un grande contributo
di idee e di professionalità a questo processo di modernizzazione del paese, ponendo al centro dei dibattiti
che avevano luogo nelle loro riunioni i grandi problemi economici, soprattutto quelli che riguardavano le
strutture e le infrastrutture (autostrade, piani regolatori ecc.) che venivano consolidando le basi di una
nuova prosperità, e intervennero con azioni concrete in campo sociale. Ma non era soltanto l’economia al
centro dell’impegno dei rotariani. Fin dai primordi i Rotary Club italiani si erano prodigati per la difesa del
patrimonio artistico: il Club di Roma avrebbe dato qualche tempo dopo un esempio eclatante di questo
impegno, provvedendo al restauro del complesso dell’Ara Pacis. Nel 1947 il Rotary International aveva
lanciato un programma, il primo ad essere finanziato dalla Rotary Foundation: quello delle borse di studio.
I rotariani italiani avevano súbito aderito con entusiasmo a questo programma. L’azione di servizio che
connota forse nella misura più qualificante l’impegno dei Rotary italiani in quegli anni fu il contributo dato
alla realizzazione della Maison d’Italie nella Cité Universitaire di Parigi.
In questa linea dell’attività di servizio rotariana si inserisce l’opera di Bolelli. Anche dopo il suo governa-
torato continuò a dedicare energia ed entusiasmo al programma delle borse di studio, nel quale vedeva
uno straordinario strumento che favoriva il confronto delle culture nazionali e l’affermazione di uno spirito
internazionale di tolleranza e comprensione. Promosse iniziative volte alla formazione culturale dei giovani,
come quella (che ebbe grande successo presso studenti e insegnanti), consistente nella pubblicazione di
un opuscolo: Cento libri. Proposte di una biblioteca ideale per diciottenni, e il suo gemello: Letture scienti-
che. Per dare attuazione a questa iniziativa, Bolelli, accademico dei Lincei e Presidente della Commissione
Cultura dei distretti italiani, si rivolse ad alcuni illustri studiosi, rotariani e non rotariani, in gran parte suoi
consoci nell’Accademia, chiedendo a ciascuno di segnalare dieci opere fondamentali, di «quelle che hanno
segnato il cammino dell’umanità», da proporre come letture a giovani ancora in formazione, e di motivare
le ragioni delle loro scelte. Lo scopo era quello di educare questi giovani a un metodo di lettura critica, e di
aiutarli quindi a ragionare, in un’epoca in cui i modelli culturali loro forniti erano troppo spesso «addirittura
spregevoli». In queste proposte di lettura era insita l’esortazione a esercitare una virtù sempre più rara,
quella dell’umiltà, con la coscienza che «tutto quello che si fa per conquistare un fondamento di certezza
scientifica si trova alla fine di un percorso lungo e faticoso».
Il Rotary, quindi, come promotore di cultura. La più grande realizzazione di Bolelli in questo campo è il
Premio Galilei, che continuiamo a celebrare da un cinquantennio. Egli stesso ci illustra il motivo che ne
ispirò la creazione: «Io ho sempre sentito con ammirazione e partecipazione la grandezza degli uomini
che hanno lasciato una reale impronta negli studi e a questo sentimento si deve la creazione del Premio
Internazionale Galilei dei Rotary italiani che si propone di onorare quegli studiosi stranieri che con le loro
opere hanno decisamente contribuito a far conoscere meglio la cultura e la scienza italiana».
Attraverso la concezione del Rotary come promotore di cultura, Bolelli fornisce un’interpretazione origi-
nale, ma nello stesso tempo pienamente aderente ai fondamenti della dottrina rotariana dei concetti di
«service» e di «profit», nella sua interpretazione estensiva, legati da quel rapporto, come abbiamo visto,
che era andato precisandosi negli anni dell’immediato dopoguerra.
È del tutto superfluo sottolineare che Bolelli non escludeva altre concezioni del servizio, nel campo del
pubblico interesse e in quello umanitario: egli si impegnò con passione anche in questi settori. Ma la
concezione del servizio attraverso la cultura gli era particolarmente congeniale. Egli si sforzò, con suc-
cesso, di dare a questa concezione anche un fondamento teorico, nel quale si riflettono in larga misura
i valori fondanti del Rotary. Egli sintetizzò la sua concezione della cultura in una dichiarazione, da lui
stesso presentata con il titolo: Proposta di una carta rotariana della cultura. Bolelli vi afferma con forza e
convinzione alcuni principi fondamentali: «la cultura rifiuta ogni strumentalizazione e si sottrae ad ogni
condizionamento per mirare soltanto alla ricerca della verità, al bene comune, alla diffusione del principio
1...,42,43,44,45,46,47,48,49,50,51 53,54,55,56,57,58,59,60,61,62,...69