ROTARY |
settembre 2011
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della democrazia”. Tuttavia, la legislazio-
ne vigente in Italia in materia di mezzi di
informazione “pur affermando in teoria
i principi di fondo, non sembra riuscire
a realizzare l’obiettivo in maniera accet-
tabile. Il giornalismo deve essere basato
su un’etica che rispetti i valori qualifi-
canti la professione, ma anche su regole
certe e chiare poste dallo Stato, il cui ri-
spetto possa garantire le condizioni per
realizzare l’indipendenza dalla politica”.
Due i quesiti, che i giornalisti finalisti
hanno affrontato ciascuno con un diver-
so approccio: qual è, e come può essere
definita oggi, l’etica professionale e di
servizio del giornalista? Quali regole,
quali leggi possono contribuire a garan-
tire l’indipendenza del giornalista?
Nel suo intervento, Ferruccio De Bortoli
ha sottolineato come spesso i giornalisti
hanno la “sensazione di essere soppor-
tati, come una specie di male necessa-
rio”. Tuttavia, per scegliere, “l’opinione
pubblica deve conoscere la verità” e
pertanto, anche dinanzi a richieste di
non pubblicare “per salvare il Paese”,
il giornalista ha l’obbligo di privilegiare
l’etica della funzione giornalistica e di
far conoscere la notizia. In conclusione,
il direttore del
Corriere della Sera
ha ri-
levato come sovente ci si interroga sui
costi dell’informazione, mentre ben po-
che volte si riflette sui “costi della non-
informazione” e sulla gravità della sua
mancanza. Il dibattito è poi proseguito
con l’intervento di Milena Gabanelli che,
richiamando la sua situazione persona-
le, ha ricordato le “pressioni” esercitate
dal potere politico prima della messa in
onda della trasmissione
Report
.
Amara-
mente ha osservato che tutti quelli che
incontra la esortano a “tenere duro”,
ma “delegare i giornalisti a risolvere le
questioni non porta a nessun risultato”.
Un altro aspetto sottolineato dalla Gaba-
nelli è rappresentato dalla difficoltà nel
cercare di non dire il falso, nonostante
le pressioni e gli attacchi giudiziari. Ho
più di 40 cause, molte temerarie, che
spesso mi impediscono di concentrarmi
sul lavoro; è complicato se non hai alle
spalle un grande editore…” Singolare la
chiusura dell’intervento, citando il film
Man of Honour”di Robert de Niro, che
alla domanda “perché lo fai?” risponde:
Mi piace rompere il…”.
Anche Manfellotto ha aperto il suo in-
tervento ricordando le telefonate rice-
vute a seguito della pubblicazione di
ciascun numero de
L’Espresso,
ove gli
veniva chiesto regolarmente perché
avesse scritto questo o quell’articolo
ma ha anche rammentato l’invito di Ar-
rigo Benedetti a “fare più giornalismo e
meno demagogia”. Inoltre, il direttore de
L’Espresso
si è soffermato sulla criticità
rappresentata dal rapporto tra il giornali-
sta ed il potere politico, che sembra non
essere ancora stata risolta: i giornalisti,
nell’eterna transizione verso la seconda
Repubblica, sono visti come parte di uno
scontro politico, mentre dovrebbero es-
sere soltanto professionisti che svolgo-
no una funzione di servizio perché “cer-
cano di raccontare quel che vengono a
sapere”. Traendo le conclusioni, il Sen.
Zavoli, prendendo spunto dalla scarsa
presenza di giovani in sala, ha sottoli-
neato l’importanza della partecipazione
delle nuove generazioni alla vita sociale
e politica del nostro Paese, auspicando
una sempre crescente attenzione da
parte dei giovani ai problemi del nostro
tempo ma anche dei partiti verso i giova-
ni. Per i cittadini il rapporto con la poli-
tica è “fragile”: egli stesso, come “Presi-
dente di garanzia”, ha sostenuto che si
deve sempre “tentare e dire”, altrimenti
si rischia di rientrare nel richiamo in
punto di morte di un giovane partigiano
liberale:” tutto è successo perché non ne
avevate voluto sapere”. La televisione è
divenuta “la nuova forma della politica”,
rivolta verso “una comunità che non è in
grado di ribellarsi”. E Zavoli ha ammoni-
to, in fine, “il servizio pubblico è uno de-
gli architravi della nostra democrazia.”
Ci sia consentito di osservare, in chiu-
sura della discussione, che i giornalisti,
Un momento della cerimonia con Daniela Tranquilli Franceschetti
Il tavolo d’onore e la platea del Premio Casalegno 2011
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