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ROTARY NEL MONDO
e maggiormente a quelli del Mezzogior-
no d’Italia, il più penalizzato dalla politi-
ca dell’allargamento ad Est e il più inte-
ressato a ripensare il proprio modello di
sviluppo, a causa non soltanto dell’aper-
tura dei liberi scambi euro mediterranei
ma anche in vista in vista della perdita
di ogni aiuto comunitario a partire dal
2013.
Sono riflessioni svolte nel Con-
gresso del 2007 ma frutto della persona-
le esperienza politico-istituzionale vis-
suta nel corso del mio secondo mandato
(2001-2006),
quando sono stato nomina-
to prima Presidente della Commissione
per gli “
Affari Europei
del Senato e poi
eletto ad Atene Presidente della Com-
missione “
Scambi culturali ed umani e
per la qualità della vita
dell’Assem-
blea Parlamentare Euro Mediterranea
(
APEM
).
Organismo composto da 240
parlamentari in rappresentanza dei Pae-
si della Unione Europea e dei Paesi del-
la sponda Sud del Mediterraneo che nel
1995
hanno aderito al Partenariato di
Barcellona (Algeria, Egitto, Israele,
Giordania, Libano, Marocco, Palestina,
Siria, Tunisia, Turchia, oltre a Cipro e
Malta, poi entrati a far parte della UE).
Incarichi che mi hanno portato a discu-
tere, a mediare, a decidere sulle materie
comunitarie e segnatamente della coo-
perazione mediterranea in una serie di
numerosi incontri-confronti svolti in lo-
calità diverse (Atene, Cairo, Tunisi, Ra-
bat, Cipro, Istanbul, Bruxelles, Stra-
sburgo, Madrid, Lisbona, Vienna, Praga,
Roma, Bari …). Da questa esperienza ho
appreso tante cose, a cominciare che il
Mediterraneo, come lo ha definito Fer-
nand Braudel, “
è mille cose al tempo
stesso. Non un mare ma una succes-
sione di mari. Non una civiltà ma più
civiltà ammassate l’una sull’altra
” (
fe-
nicia, cartaginese, egizia, greca, roma-
no-bizantina, araba); culla di tre religio-
ni, tutte e tre monoteiste (Cristianesimo,
Islam, Ebraismo) ma spesso in conflitto
per la presenza di integralismi e stru-
mentalizzazioni politiche; teatro di crisi
ma anche di cooperazioni e di scambi;
crocevia e punto di incontro tra Oriente
ed Occidente, con forze che si attraggo-
no e anche forze che si respingono, po-
poli contraddistinti da identità ma an-
che di diversità, di diffidenze e di
pregiudizi ma anche di voglia di inte-
grarsi e aiutarsi per un reciproco svilup-
po. Tutto questo è emerso dai nostri in-
contri e tutto questo a volte non ha reso
facili i nostri lavori. Anche se con un
pizzico d’orgoglio devo riferire (come
hanno spesso fatto gli stessi organi di
informazione,
Ansa, Agi
,
Adnkronos
,
La Gazzetta del Mezzogiorno
…)
che
nella mia Commissione (scambi umani
e culturali), a differenza che nelle altre
due Commissioni dell’APEM (politica
ed economica), è stata registrata una
maggiore condivisione. C’è stato, per
esempio, il generale compiacimento dei
delegati europei e nordafricani per mol-
ti dei miei interventi e proposte di Riso-
luzioni. Come quando, in più di una riu-
nione, son tornato a parlare della
centralità
del dialogo come mezzo
anche per conoscere meglio l’“
altro
e
per accettare le “
diversità
come ele-
menti di arricchimento, piuttosto che di
divisioni. O quando a Rabat ho proposto
di conseguire in tempi ravvicinati la re-
dazione di una “
Carta
dei
valori comu-
ni del Mediterraneo
e la nascita di una
Università degli Studi Mediterranei
”.
O quando ad Atene ho sollecitato il Go-
verno della UE a implementare le risor-
se per la creazione di reti più fitte tra
Istituti universitari e di ricerca. O quan-
do al Cairo ho condiviso e rafforzato il
pensiero del Presidente dell’Assemblea
popolare araba dell’Egitto, prof. Fathi
Sorour, sulla necessità di un dialogo
franco, leale, trasparente e chiaro e sul
rispetto reciproco tra le diverse culture
e religioni, quali condizioni indispensa-
bili per la vicinanza dei popoli e la loro
crescita sotto tutti gli aspetti. O quando
in Marocco, all’indomani della improv-
vida pubblicazione in Danimarca delle
vignette anti Maometto, nel riportare il
Cosac al Quirinale
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