ROTARY |
luglio/agosto 2012
42
Un tram che si chiama Rotary
D
ISTRETTO
2120
di Alfonso Forte
La vita degli uomini è un tram. Un tram
lungo, veloce; che corre per città, pae-
si, contrade e tante strade, senza mai
fermarsi.
Su di esso salgono tutti coloro, e sono
milioni e milioni e milioni, che hanno
la volontà o, meglio, il coraggio di av-
venturarvisi. Sono quelli che faranno
fortuna, che si imporranno nel lavoro,
nella società e che alla stessa comuni-
tà daranno, con la loro intelligenza e
la loro intraprendenza, contributi di
pensiero e opportunità di evoluzione e
di progresso.
C’è poi una lunga teoria di uomini che
vivono “senza infamia e senza lode”.
Sono i tiepidi. Questi tentano talvolta
di aggrapparsi ad uno sportello del no-
stro tram e spesso riescono a monta-
re, alla bell’e meglio, su di esso; altri
rimpiangono probabilmente di non
aver colto l’occasione e forse anche si
ripromettono il tentativo al prossimo
passaggio.
I più, infine, i neghittosi, gli abulici, ri-
mangono là a bivaccare, a sopravvive-
re; a crogiolarsi al sole, a guardare le
stelle: gli indifferenti.
Un tram simile, più piccolo di dimen-
sioni ma non meno importante per le
destinazioni a cui tende, è il “tram del
Rotary”.
Un tram che trova supporto saldo su
un’unica, meravigliosa e miracolosa
ruota; un mezzo sul quale dovrebbe-
ro viaggiare un milione duecentomila
persone. Dovrebbero… Ma così non è.
Non tutti i Rotariani, infatti, viaggiano
su quel mezzo. Molti vi stanno dentro,
e vivono il viaggio con entusiasmo,
con passione, ‘condividendo’ con i
compagni l’essenza di un viaggio, di un
cammino che prosegue felice, all’in-
segna dell’amicizia, della tolleranza,
dell’unione di intenti, ma soprattutto
della solidarietà.
Tanti, purtroppo stanno a guardare
da terra, mentre il tram fa il suo cor-
so senza mai fermarsi che a poche,
essenziali tappe. Qualcuno, talvolta, vi
ci sale, spinto dall’entusiasmo che gli
dà una carica ottenuta “pro tempore” o
dalla voglia di dare finalmente un pro-
prio contributo.
Altri restano avulsi, incappati in crisi
di coscienza, in ritardi o in perplessità
di varia natura.
Persone che partecipano alla vita dei
Club con freddezza, con una stancante
routine; uomini che, di certo in buona
fede, hanno confuso il Rotary quasi si
trattasse di un circolo o di un conses-
so teso a incontri più o meno futili, co-
munque senza specifici fini, tra amici.
No, non sono queste le condizioni per
aspirare a salire su quel tram.
Il Rotary, lo ripeto ancora qui, se è con-
vivio (perché con un convivio nacque)
è soprattutto presenza attiva, parte-
cipazione, condivisione, come hanno
ribadito, negli anni, tanti Presidenti in-
ternazionali, Governatori, studiosi ma
anche gente semplice, di buon senso.
Per questi motivi, io credo che sia oggi
il tempo di nuovo coraggio, di rinnova-
ta consapevolezza.
Che non ci siano più remore, ma vo-
lontà di agire, di lavorare per rinnova-
re l’Effettivo, per arricchirlo di gente
nuova, di giovani volitivi, tutti capaci
non solo ma anche con la voglia piena
di affrontare quel tram, di afferrare le
sue porte, di entrare e rimanervici sal-
di, ragionando con quelli che ci stanno
dentro sul cosa fare, sui progetti da
portare avanti, sul bene da program-
mare.
E, intanto, il tram correrebbe, per far
presentate da Paolo Piccinno le squadre dello
Scambio Gruppi di Studio per gli anni 2010-
11
e 2011-12. Dopo altri adempimenti, i lavori
sono proseguiti con l’intervento finale di Andrea
Bissanti che ha esortato a fare in modo che sia
il sogno a divorare la vita, perché non sia la vita
a divorare il sogno. Concludendo col dire: “Al-
lora sogniamo insieme, lasciamoci divorare dal
sogno di abbracciare l’umanità; e buon Rotary,
amici di Puglia e Basilicata!”.
In chiusura il DG Mario Greco, visibilmente
soddisfatto per gli esiti dell’assise, ha invitato
tutti i Congressisti ad alzarsi in piedi tenendosi
per mano, perché ciascuno è fratello dell’altro,
essendo tutti ispirati da un unico ideale: il lin-
guaggio dell’amicizia, l’ideale del servire. Si
sono così conclusi i lavori del XVII Congresso,
vissuto su temi elevati ed attuali, in cui è si è
consolidata l’amicizia rotariana, miglior viatico
per superare le divisioni e le incomprensioni tra
popoli, per realizzare, con passione, quel dia-
logo mediterraneo per abbracciare l’umanità
finalmente pacificata.
Il messaggio al Con-
gresso del Sen. Renato
Schifani, Presidente
del Senato della Re-
pubblica:
Cari Congressisti,
sono lieto di poter
porgere al Governato-
re Greco, ai relatori
di questo Congresso e
a tutti i suoi parteci-
panti il mio più sentito augurio di un proficuo
lavoro. Improrogabili impegni istituzionali mi
impediscono di partecipare oggi ai vostri lavori,
ma ho seguito attentamente la preparazione di
questo appuntamento, dedicato a un tema di
strategica importanza nel contesto geopolitico
attuale: il dialogo al centro delle diversità per
un mediterraneo mare di pace.
Il mare nostrum è stato, infatti, storicamente
sede di scontri di civiltà tra loro profondamente
diverse, che hanno segnato la storia dell’intera
umanità. Nel mondo globalizzato contempora-
neo, il Mediterraneo ha apparentemente perso
la sua centralità politica ed economica, a causa
dell’emersione di nuove frontiere e dello spo-
stamento dei poli produttivi in altri continenti.
Sono, questi, fenomeni in divenire che non ci
possono tuttavia indurre a sottovalutare l’impor-
tanza che in futuro il Mediterraneo continuerà a
rivestire quale naturale epicentro del dialogo tra
i popoli. Perché il Mediterraneo sappia riscopri-
re questa sua naturale vocazione di “culla delle
genti”, è necessario investire sulla promozione
di relazioni solide tra i paesi delle due rive.
Le potenziali rivalità e i possibili fattori di
scontro devono essere ripensati in un contesto
cooperativo, fondato sul riconoscimento delle
reciproche diversità e sulla valorizzazione delle
sinergie esistenti.
Auspicando che l’incontro di oggi possa rappre-
sentare un’importante occasione di riflessione
su questi temi, nella prospettiva di una risco-
perta del ruolo strategico del Mediterraneo, por-
go a tutti Voi il mio affettuoso saluto.
Renato Schifani
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