Rivista Rotary | Settembre 2014 - page 33

CERVELLO E FILANTROPIA
Negli anni ottanta, al Walter Reed Medical Center, un neu-
ro scienziato di nome Jordan Grafman (ora direttore della
ricerca sulle lesioni cerebrali del Rehabilitation Institute di
Chicago) stava raccogliendo dati sul perché alcuni veterani
di guerra che hanno subito danneggiamenti a determinate
zone del cervello avevano perso la loro capacità empatica.
Voleva scoprire dove la funzione empatica era localizzata nel
cervello. L’uso delle immagini funzionali da risonanza magne-
tica (fMRI) lo ha portato a nuove scoperte nel campo delle
neuroscienze. Nel monitorare l’attività cerebrale attraverso il
flusso sanguigno, è possibile in sostanza vedere quale parte
del cervello lavora sotto determinati stimoli. Grafman decise
di imporre questa metodologia nel suo lavoro di ricerca.
Reclutò dei soggetti e diede loro una lista di associazioni di
volontariato e una quantità definita di soldi. Dopo aver valu-
tato le associazioni, i soggetti del test, potevano scegliere tra
tre alternative: donare i soldi a un’organizzazione, rifiutarsi di
donare, o depositare parte della cifra in un conto personale.
Chi scelse di donare la somma di denaro a un’organizzazione,
o di tenersela, attivò una specifica area del cervello, diretta-
mente collegata a quella attivata durante la ricerca di cibo e
sesso. Ma c’era una differenza nell’attività cerebrale: quando
i soggetti decidevano di donare, un’altra parte del cervello,
conosciuta come area subgenuale, mostrava un
afflusso sanguigno maggiore, indicando che vi
era del lavoro intenso. L’ormone ossitocina viene
prodotto in quell’area. L’ossitocina viene secreta
dai nuclei ipotalamici materni durante l’allatta-
mento, durante la stimolazione tattile di seni,
capezzoli e clitoride. Nel 2007 alcuni studi
condotti dalla Claremont Graduate University
(California) hanno mostrato che soggetti che
hanno avuto somministrato dosi di ossitocina do-
nano l’80% di soldi in più delle persone che hanno
ricevuto un farmaco placebo.
Nello stesso periodo, all’Università dell’Oregon, un
economista, Bill Harbaugh, stava studiando cosa spingeva
i vecchi alunni a donare ai propri college di appartenenza.
Scoprì che il nucleus accumbens (dov’è ospitato il centro del
piacere) si attivava quando gli studenti decidevano di donare.
Il nucleus accumbens rilascia la dopamina, neurotrasmettito-
re del sistema di ricompensa.
I risultati di Grafman e Harbaugh dipingono un quadro nel
quale la filantropia è un potente stimolo per cambiamenti
dell’attività cerebrale. Questi cambiamenti provocano un
effetto di piacere quanto l’utilizzo di droghe sintetiche. Molti
rotariani sono testimoni di come fare del bene provochi gran
piacere, dal consegnare vaccini anti polio a creare sistemi
per la potabilizzazione dell’acqua, e questo aumenta la loro
voglia di ripetere quell’esperienza.
Nel 2013, Harbaugh, prese in considerazione se si può di-
ventare dipendenti del fare volontariato. Come da lui raccon-
tato a Elizabeth Svoboda per il suo libro Cosa fa di un uomo
un eroe? La sorprendente scienza dell’altruismo. “Quando fai
qualcosa che stimola la produzione di dopamina nel cervello,
vuoi rifarla per averne ancora.”
Quindi, che cos’è che ci fa mettere in primis l’aiuto agli altri?
La risposta è nella nostra corteccia prefrontale, coinvolta
nella relazione empatica con gli altri, e in qualcosa chiamato
neurone a specchio. Circa 20 anni fa, Giacomo Rizzolatti e i
ricercatori dell’Università di Parma stavano cercando di capi-
re ciò che comanda i neuroni, le cellule nervose che mandano
i segnali ai muscoli per farli muovere. Applicarono così degli
Solo cuore?
No, lo studio del cervello
dimostra sempre di più che la
filantropia è anche un insieme
di processi neurochimici.
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