Rivista Rotary | Aprile 2015 - page 42

vocazione professionale, tale vocazione deve trovare però
concreta applicazione nell’azione di servizio del club, il che
presuppone impegno individuale e personale coinvolgimento;
un antico proverbio afghano sentenzia: “voi avete gli orologi
noi abbiamo il tempo”, bene l’impegno professionale del ro-
tariano deve osservare meno l’orologio e concedere maggiore
disponibilità del suo tempo, siamo un’èlite non se siamo nel-
le condizioni ma se siamo capaci di conciliare l’impegno pro-
fessionale con il service rotariano; evitiamo però che i nostri
sodali rotariani si rifugino negli alibi e nelle semplificazioni,
allorquando, magari ostentando la loro antica appartenenza,
ricordano che il Rotary si qualifica per il servizio attivo su
base professionale (che è pur vero) e non per attività di be-
neficienza.
Più o meno strumentale, questo assunto può originare un
grossolano equivoco da rimuovere: destinare alla Fondazione
risorse personali non è una forma di carità confliggente con
la nostra vocazione professionale, è un’intelligente, lodevole
e coerente pratica comune a tutte le élite nei riguardi delle
Fondazioni operanti in tutto il mondo, fra queste la R.F.
Immagine pubblica e visibilità dell’azione rotariana.
Quali esigenze e quali opportunità, nella tua esperienza?
Una volta ebbi modo di affermare che l’obiettivo di noi rota-
riani dovrebbe essere quello di comparire sulla stampa locale
dei luoghi ove si estrinseca il servizio e non ove l’azione viene
ideata e progettata. Nel corso del seminario sulla Leadership
“Non c’è leadership senza membership” ci siamo a lungo
interrogati su come possiamo oggi renderci attrattivi; dall’1
luglio il nostro Distretto è entrato nel mondo social, siamo su
Facebook e su Twitter, personalmente non avevo mai conside-
rato di entrare in questa dimensione ma nel momento in cui
ho assunto la responsabilità di governatore ho compreso che
oggi un’associazione come la nostra non può prescindere dal
misurarsi con la dimensione della diversity, anagrafica e so-
ciale; grazie a questa esperienza oggi le nostre iniziative sono
seguite da molte più persone e la constatazione a parer mio
più interessante è che i nostri follower quintuplicano allor-
quando postiamo notizie di grande impatto sociale, quando
esibiamo le nostre liturgie il dato crolla.
Tradizionalmente sottotraccia è stato l’atteggiamento tenuto
da una buona parte del Rotary italiano dalla sua originale
genesi a pochissimi anni fa, una sorta di italico low profile
che trova ancora qualche sparuto snobistico seguace ai nostri
giorni; è, questo, l’atteggiamento di chi butta la moneta nel
cappello del mendicante guardandosi intorno quasi furtiva-
mente, senza generare, perciò, virtuose contaminazioni. Oggi
l’informazione è ovunque e comunque, oggi ci siamo anche se
non vogliamo esserci ergo vale la pena di esserci bene. Quan-
do parliamo di comunicazione abbiamo sempre ben presente
con chi vogliamo parlare e siamo proprio così sicuri che i mez-
zi che utilizziamo vengano ascoltati da qualcuno; il rischio è
di finire, come Eco che, stremata dall’amore per Narciso, si ri-
dusse fioca e lontana a ripetere solo l’ultima sillaba della voce
dei viandanti che chiamavano. Abbandoniamo i nostri Narciso
è l’unico modo, questo, per far ascoltare la nostra voce e far
ascoltare bene e correttamente il nostro messaggio. Noi siamo
un Distretto territoriale, attraverso le nostre fotografie pub-
blicate sulla stampa locale raccontiamo le nostre abitudini o
evidenziamo il nostro impegno, avviciniamo o allontaniamo
in base a ciò che diciamo e alle espressioni che utilizziamo,
spesso riconoscibili solo da noi rotariani. Anna Politkovskaja,
mia sfortunata coetanea, ebbe modo di scrivere “Voglio fare
qualcosa per altre persone usando il giornalismo”, il mio au-
spicio è che le persone, apprezzando la nostra associazione
e le sue finalità attraverso la nostra capacità di comunicarle,
pensino al Rotary nel momento di bisogno.
Il cuore oltre l’ostacolo: il tuo pensiero sul futuro del ser-
vizio e in particolare sul futuro dell’impegno unitario del
Rotary, nel dopo polio.
Il leader alla testa di un’associazione non può definirsi tale
se non si cura della propria membership, se non la alimenta
essendo, essa stessa, il fondamento su cui si fonda e si subli-
ma la sua leadership. Il leader, allora, è colui che si prende
cura; la cura nella sua accezione originaria: una disposizione
soggettiva, uno stato d’animo, una condizione affettiva. Curare
nell’accezione latina indica lo “stare in pensiero” per qualcu-
no o per qualcosa, mentre il curare nel senso moderno implica
un trattamento. E anche noi leader rotariani, spesso, prefe-
OPINIONI
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