Rivista Rotary | Maggio 2015 - page 19

Questi dati ci raccontano che gli sbarchi sono in linea con
l’anno precedente, ma le morti contano un rapporto di 1 a 30.
È a questo che siamo chiamati a rispondere e a confrontarci:
quanto valore diamo alla vita umana?
Perché in fondo i dati sono fini a se stessi se non si ha il
coraggio di leggerli, se non si ha il coraggio di confrontarli,
se non si ha il coraggio di interpretarli. Anche una sola morte
deve creare scompiglio, ma quando si parla di 1700 morti in
soli 4 mesi, dobbiamo parlare di strage, di emergenza uma-
nitaria, di genocidio. Termini pesanti, che però non sono così
distanti dalla realtà.
Degli oltre 53.000 tra ragazzi, donne, bambini e uomini,
giunti finora sulle coste europee, o morti nel raggiungerle,
ben più della metà provengono da Siria, Mali, Somalia, Gam-
bia e Senegal, zone di conflitto militare, etnico e religioso.
Conflitti e focolai anche molto noti e tragicamente famosi,
mentre altri quasi totalmente ignorati dal sistema europeo,
sia a livello politico e amministrativo, sia a livello giornali-
stico e dei canali d’informazione. Ed è forse questa la più
grande colpa, oltre all’omissione di soccorso a chi è in fase di
pericolo di morte, dell’Europa e di conseguenza di noi, com-
ponenti di essa. Ci nascondiamo dietro la non conoscenza, e
questa nostra ignoranza ci protegge dall’angoscia che prove-
rebbe il nostro animo nel sentirsi partecipi delle stragi, che
giorno dopo giorno, si consumano in quei posti, e non solo.
Un’Europa che non può limitarsi alla riunione straordinaria
del Consiglio Europeo convocata dal suo presidente, Donald
Tusl, e dal presidente della Commissione Europea Jean-Clau-
de Junker, il 23 aprile. Un incontro che nonostante il pathos
del momento ha prodotto ben poco, è che ha mostrato un’ina-
deguatezza del vecchio continente verso questi disperati fe-
nomeni migratori e lo status stesso di rifugiato. Il documento
d’intenti stilato contempla i seguenti impegni: la volontà di
compiere azioni per individuare e distruggere le imbarcazioni
dei trafficanti prima che siano usate. A tal fine sarà intrapre-
sa una cooperazione contro le reti dei trafficanti attraverso
l’Europol; sarà triplicato il finanziamento alla missione Triton,
il mandato della missione non sarà modificato; verrà limitato
il flusso dell’immigrazione irregolare e si eviterà che le perso-
ne mettano a rischio le loro vite attraverso la collaborazione
con i Paesi di origine e di transito, soprattutto per i Paesi
intorno alla Libia; sarà rafforzata la protezione dei rifugiati.
Intenti anche di alto valore, ma smentiti dalle parole e dai
fatti dei giorni successivi, dove molti rappresentanti dei go-
verni europei hanno mosso critiche al documento e si sono,
di fatto, sottratti ai progetti collaborativi, che basano i loro
interventi su una dinamica di volontarietà del singolo stato.
In questo quadro a volte cinico e amministrativo, è tempo
che l’umanità e il senso di fratellanza prevarichi, e questo
impegno solidale deve essere portato avanti in primis dalla
singola persona e da tutti quei soggetti e attori della vita so-
ciale che intessono e mantengono la comunità. E in questo le
associazioni e il senso del volontariato rappresentano il faro
che deve portare luce nei burrascosi mari della burocrazia e
dell’interesse personale, faro di cui il Rotary è stato sempre
fulgida luce, capace grazie alla sua struttura e ai suoi rota-
riani, di comprendere i bisogni della pace nel mondo e del
rispetto della vita. Capace in più occasioni di schierare tutte
le sue forze e le sue risorse per il bene della comunità, locale
o mondiale che sia. Questo è quello che viene richiesto trami-
te quegli SOS lanciati nell’etere, che qualcuno li intercetti, li
ascolti, e che agisca. E quei messaggi sono ormai giunti, ed
è giunto il tempo di reagire con ancor più determinazione di
ieri, con ancor più propensione al servizio agli altri, per real-
mente porre le basi per la costruzione di un mondo di Pace.
IL TRAGICO PALLOTTOLIERE
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