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ROTARY E SOCIETÀ
FONDO
voglio però dire al responsabile economico del PD che magari
ci fosse per le prossime nostre elezioni politiche una lista
fatta da uomini quanto più motivati possibile dall’ideale ro-
tariano del “servire al di sopra di ogni interesse personale” e
che siano pronti a mettere a disposizione del bene comune
e gratuitamente le proprie energie professionali e, perché
no, quelle economiche, se sovrabbondanti alle personali
esigenze.
All’onorevole Fassina e a quanti come lui hanno una errata
conoscenza del Rotary voglio dire che proprio questi sono
i principi sui quali si basa l’essere e l’agire dei Rotariani.
Voglio cioè semplicemente ribadire qui quello che da Gover-
natore del Distretto Rotary 2120 Puglia-Basilicata per l’anno
sociale 2011-2012 ho cercato di chiarire in più di una occa-
sione e in diverse sedi, anche pubbliche: il nostro servire
è un servire per migliorare la società in cui si agisce e per
andare incontro ai bisogni di chi è meno fortunato di noi;
“servire per intervenire positivamente laddove ci sono del-
le mancanze, delle deficienze, delle speranze disattese.
Da qui il bisogno di un senso profondo ed autentico del
fine etico: orientare il proprio comportamento allo scopo di
fare del bene, di portare luce dove ci sia il buio, di conce-
pire in positivo la nostra partecipazione al consesso degli
uomini”. E - mi chiedo - non è forse questo che gli italiani
si augurano (o dovrebbero augurarsi) di vedere promosso
ed attuato dai nostri politici?
E voglio anche in questa circostanza precisare quello che
spesso ho avuto modo di dire tutte le volte che mi è stata
data la possibilità di evidenziare come oggi il Rotary ita-
liano non è più elitario come alle sue origini, fatto di im-
prenditori e professionisti ricchi. Nel Rotary sono presenti
tutte le professioni, tutte le attività, tutti i mestieri, tutti
rappresentati dagli uomini “migliori” (migliori per le doti
morali e professionali, non per il livello socio-economico).
E soprattutto voglio precisare che oggi il Rotary non è e
non deve essere concepito soltanto come amicizia, soli-
darietà, tolleranza, ma anche come coscienza critica del
territorio. La mia sollecitazione è stata ed è che i nostri
Club devono sempre più diventare l’agorà delle nostre città
e i Rotariani cercare il confronto con i poteri costituiti, con
le pubbliche istituzioni per discutere della res publica,
del bene comune. Oggi, oltre che alle tradizionali missioni
umanitarie, il Rotary deve sentirsi chiamato ad una nuova
missione: a quella di una rinascita civile del nostro Paese.
Magari questa fosse la missione dei partiti e dei movimenti
sulla scena politica della prossima competizione eletto-
rale! Personalmente nutro forti perplessità e mi auguro
che queste perplessità siano a breve smentite dalla nuova
(e speriamo che sia veramente nuova) composizione del
Parlamento e dell’Esecutivo che verrà fuori alla fine del
prossimo mese di febbraio.
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”
di Mario Greco - PDG 2120
Il Rotary, però, è anche scuola di leadership, soprattutto
nella sua articolazione giovanile, il Rotaract. Qualè la dif-
ferenza tra una scuola di leadership e una lobby?
Nei nostri programmi c’è anche l’educazione alla leader-
ship, è vero. Ma per noi educare alla leadership significa
sviluppare le potenzialità dei singoli, soprattutto dei gio-
vani, per renderli capaci dimettersi al servizio dell’intera
collettività, non di gruppi, come fa invece una lobby.
Dalla scarsa informazione su un’organizzazione come la
vostra possono scaturire anche ipregiudizi, come quelli
di Fassina. Non crede che il Rotary sconti un problema di
comunicazione? Probabilmente sì.
Perché? Forse perché le buone notizie non fanno notizia.
Il Rotary, per esempio, ha pressoché debellato la polio-
mielite col programma Polio Plus, promuove progetti per
la formazione, per l’alfabetizzazione, per la lotta alla fame
nel mondo, sempre al servizio degli ultimi, dei più svan-
taggiati. Ma forse di tutto questo non si ha la percezione
giusta, a livello di opinione pubblica. E allora si preferisce
limitarsi al pregiudizio, come è accaduto a Fassina.
Tratta dalla rivista “Il Denaro”
di Giovanni Capozzi
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