Rivista Rotary | Dicembre 2015 - page 40

Erik Erikson accetta la teoria freudiana e la amplia aggiun-
gendo a essa una dimensione psicosociale scaturita dai suoi
studi. La prospettiva psicosociale vede lo sviluppo cognitivo
come interazione tra la maturazione fisica, che porta con sé
nuove abilità e quindi nuove possibilità, e le richieste che la
società indirizza al giovane, sollecitandolo affinché egli ap-
prenda nuovi comportamenti. Nel mio sogno incontro il gran-
de psico-sociologo e gli domando: “Erik, sei ancora convinto
della “fecondità” dell’uomo? E che la si possa applicare alla
scelta di vita rotariana?”. Ed Erik mi risponde: “ogni persona
adulta che abbia raggiunto un certo successo nella vita, a
un certo punto, sente prepotente il bisogno d’arricchirla con
qualcosa di più dell’esclusivo interesse personale, familiare
o di carriera. Egli sente la necessità di diventare un sostegno
per la propria comunità che lo possa portare a essere riferi-
mento ed esempio per gli altri, e soprattutto per i giovani.
Evitare l’estrinsecazione di questo bisogno, che definisco
col termine di fecondità, produce una stasi ideativa e quindi
conduce a una precoce senilità satura di un corrosivo senso di
frustrazione che porta a un rifiuto critico e negativo di quello
che ci circonda. Un rotariano non dovrebbe mai conoscere
questo tipo d’insoddisfatta precocità senile perché per tem-
peramento egli è una persona attiva e vuole, anche nel Rotary,
riversare la sua fecondità di pensiero e di amore per gli altri”.
Mi giro e mi rigiro e tra il sonno e la veglia mi domando: “è
proprio sicuro che si tratta di un sogno?”. Forse è la spinta
del subconscio a volere che diventi realtà per vivere in quello
che deve essere un distretto rotariano. Georges Louis Leclerc,
Conte di Buffon, amava ripetere che le style est l’homme!
Se è lo stile che caratterizza l’uomo, figuriamoci quanto stile
occorre per qualificare un rotariano o una rotariana. Passiamo
all’azione! Facciamo che siano i falsi rotariani o, meglio, i
signori iscritti al Rotary per non ben specificate loro esigenze
a essere messi all’angolo, scrolliamocene come se fossero
polvere: sono res nullius! Dobbiamo riuscire a suscitare un
insopportabile complesso d’inferiorità morale in coloro che
non si impegnano in favore della dignità cui ha diritto ogni es-
sere vivente, perdendosi, invece, in inutili e deleterie diatribe
interne senza etica e senza nessuno stile d’impegno rotariano.
Ed ecco che il sogno può diventare realtà.
Non andiamo alla ricerca puntigliosa di norme o normative,
allontaniamoci dalle cose inutili, sburocratizziamo il nostro
Rotary. Pensiamo invece alle emozioni che possono donarci
le nostre azioni in favore delle comunità povere, tristi e di-
silluse. Mi risveglio! Penso che nel Rotary abbiamo un socio
onorario che si chiama Francesco e mi sento piccolo piccolo.
Chi sono io per lamentarmi? Poi penso: se persino Gesù,
che è la bontà infinita, ha cacciato i mercanti dal tempio, è
possibile che noi rotariani non riusciamo a liberare i nostri
club da coloro che cercano la rissa e la disgregazione e hanno
scambiato il Rotary per un ring di conflittualità permanente?
Andiamo avanti. Dobbiamo farcela a pulire i nostri club e
tornare alla lealtà, lo stile e l’educazione di persone per bene
quali pretendiamo di essere nel Rotary e nella vita. Fondando
il Rotary, Harris volle affermare i diritti naturali e fondamen-
tali dell’individuo: alla vita, alla libertà e alla solidarietà. An-
ticipando di molti anni la Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo che nel suo primo articolo recita: “Tutti gli esseri
umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono
dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso
gli altri in spirito di amicizia”. Enunciando tali diritti ognuno
deve fare l’autoanalisi del proprio comportamento. Il rispetto
non si estrinseca con le frasi fatte, ma con l’agire nella quo-
tidianità. Ogni giorno ci sono persone che muoiono sui posti
di lavoro o di fame o di altre ingiustizie umane quali la man-
canza di lavoro e di reddito. Ogni giorno dobbiamo tutelare il
prossimo, vittima di violenza. Ogni giorno è quello giusto per
non essere egoisti e pensare in concreto ai diritti di tutti. Ogni
giorno dobbiamo fare qualche cosa per assicurare al prossimo
un futuro migliore, standogli vicino, ma soprattutto, lavoran-
do per crearlo. Tutto il resto è ipocrisia! È stata proprio questa
severa autoanalisi che ci ha convinto a far parte del Rotary.
Non ci servono iscritti, ma rotariani. Non ci servono tanti
club, ma migliori club per poter pensare, e forse illuderci,
di poter essere una piccola, ma essenziale parte di una so-
cietà civile integra da compromessi che possa essere presa a
esempio da chi finalmente non vuole più accettare sopraffa-
zioni e prepotenze. Forse è un’illusione, ma varrebbe la pena
vivere senza illusioni? Come potremmo altrimenti proporci di
concretizzare i nostri sogni? Il nostro Rotary agisce facendosi
OPINIONI
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ROTARY
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