ROTARY |
novembre 2012
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1911 inalberò la bandiera del “
Torniamo
allo Statuto
”. Molto più modestamen-
te e sempre
si parva licet componere
magnis
, chi scrive ritiene che un modo
spesso trascurato di affrontare questo ar-
gomento possa essere quello di
Tornare
allo Statuto
(dei Rotary Club, s’intende)
o meglio al praticissimo e mai abbastan-
za lodato “Manuale di Procedura”; e inol-
tre, se sarà necessario, collegare quel “ri-
torno” con la consultazione del “Rotary
Code of Policies”, l’autorevole manua-
letto di ben 510 pagine, sempre aggior-
natissimo, che forse anche per l’essere
disponibile solo in inglese e on line, non
mi sembra sia sfogliato spesso anche da
molti dirigenti rotariani.
Il farlo, a mio parere, può aiutarci a sug-
gerire qualche idea pratica ed attuabile
per la soluzione di questo problema, che,
come dice Alfonso Forte, è
croce e deli-
zia
di ogni Club e di ogni Distretto. Mi
limiterò a tre letture. In prima battuta,
cogliendo fior da fiore, passerei anzitut-
to a rileggere, per esempio, la pag. 12 del
Manuale, dove si prescrive “
Ogni club
deve avere una compagine sociale equi-
librata, in cui nessuna categoria pro-
fessionale predomini sulle altre
”. Siamo
certi che ogni club ottemperi a questa
norma? Non ne sarei molto sicuro: co-
nosco parecchi club dove una categoria
professionale (o medici o avvocati o pro-
fessori universitari o altri) rappresenta
la maggioranza, spesso preponderante,
della compagine dei soci. In tal modo il
club trascura la raccomandazione “
che
la propria compagine rispecchi accura-
tamente
(il sottolineato è mio)
la realtà
professionale e imprenditoriale della
propria località
”. E il Manuale si dilun-
ga ancora sul concetto di “
compagine
sociale equilibrata e varia
”. Certo, non
è così semplice passare dal dire al fare,
ma quanti ci hanno provato? E riprova-
to? Uno degli appeal dei Club è proprio
quello derivante dalla multi professiona-
lità della loro composizione, ricchezza e
vantaggio rilevanti e spesso determinanti
per una decisione di appartenenza. Un
secondo passo: una indagine condotta lo
scorso anno in un club italiano di non esi-
gue dimensioni (85 Soci attivi) ha messo
in luce un particolare sconcertante: nel
giro di venti anni 20 di quei soci ne hanno
presentato ben 62 (solo fra quelli ancora
iscritti al club), mentre non ne hanno mai
presentato neanche uno nessuno degli
altri 65 soci! E fra questi ultimi vi erano
parecchi Past Presidenti e, soprattutto,
soci con anzianità rotariana di parecchi
anni e lustri. Vien fatto di chiedersi: tutti
costoro, pur continuando a vivere la vi-
ta del club, non la ritengono sufficiente-
mente interessante da essere sollecitati a
suggerirla a qualche amico, conoscente,
ecc...? possibile che nessuno di loro (in
65 su 85?!) abbia amici o conoscenti de-
gni di condividere l’ideale rotariano, ge-
losamente ed egoisticamente riservato
a se stessi? Mi si potrà obiettare, giusta-
mente, che si tratta di un’indagine fatta
su un Club, e le sue conclusioni non so-
no trasferibili a tutti. Ma è proprio così?
Se quell’indagine venisse ripetuta per un
numero consistente di club si potrebbe
arrivare a conclusioni più valide non solo
per il campione, ma per tutto l’universo
dei club. Non sono un profeta né figlio di
profeta, ma non credo, in verità, che quel-
le conclusioni sarebbero diametralmente
opposte a quelle citate poc’anzi.
Il nostro sodalizio vive esclusivamente
sulla cooptazione e non v’è altro modo di
aderirvi da parte di un neo aderente che
la presentazione da parte di un Socio at-
tivo. E ogni Socio, anzi, per dirla con Ra-
vizza, ogni Rotariano che viva la vita del
Club, che valuti e soppesi le iniziative e le
realizzazioni del Club, del Distretto e del
Rotary International (e non limitiamoci
solo alla pur meravigliosa PolioPlus!) do-
vrebbe sentire l’esigenza di garantire al
suo Club la partecipazione di altri che po-
trebbero godere come lui delle gioie. Sì
proprio così, delle gioie o soddisfazioni
che la vita rotariana offre. Dell’orgoglio
di essere, di sentirsi Rotariano (con la R
maiuscola). E nel contempo di garantire
al suo Club - e quindi al Rotary tutto - la
partecipazione attiva e fattiva di un’altra
meritevole persona. Lo Statuto dice che
soci attivi sono persone adulte e rispet-
tabili, che godano di buona reputazione
nel proprio ambito professionale o nel-
la comunità
”; non diventa impossibile,
dunque, l’opera di proselitismo (sostan-
tivo antipatico, ma ahimé non ne trovo
altri) fra i propri conoscenti. Ed è sempre
dal Manuale di Procedura “
I rotariani
devono capire che questa responsabili-
tà [l’impegno a mettere personalmente
in pratica l’ideale del servire] comporta
anche l’obbligo di condividere il Rota-
ry con gli altri e di aiutare l’organiz-
zazione a crescere proponendo come
nuovi soci persone altamente qualifi-
cate”
. Sottolineo
l’obbligo.
In terzo luogo
un nodo particolarmente interessante è
rappresentato dalla “Ammissione di gio-
vani soci”: il virgolettato riporta integral-
mente il titolo di un capitolo di rilevante
importanza del Manuale di Procedura.
Mi sembra di individuarvi almeno tre
momenti essenziali: “
I Club non devono
trascurare il reclutamento dei giovani,
compresi gli alumni del RI e della Fon-
dazione
”. Non vorrei pignoleggiare, ma il
testo inglese del Rotary Code of Policies
dice testualmente (nella mia traduzione
libera): “
I club individueranno (o cer-
cheranno o reperiranno) i past Rota-
ractiani e altri giovani qualificati per
l’ammissione
: è evidente che non basta
non trascurare
, ma i giovani meritevoli
di entrare nel Rotary si devono cercare,
individuare, reperire. Non si può conti-
nuare a star lì ad attendere che il giovane
ecc... sia lui a farsi vivo e a questo punto
il club è pronto a
non trascurarlo
; ma de-
ve essere il club a muoversi, è il futuro
dell’associazione che è in gioco. E’ evi-
dente la differenza tra un atteggiamento
passivo ed uno attivo.
I Club devono trovare il modo di avvi-
cinare al Rotary giovani uomini e don-
ne che, in numero sempre crescente, oc-
cupano posizioni di responsabilità nel
mondo degli affari e delle professioni
”.
Si rafforza il concetto precedente e lo si
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