ROTARY |
novembre 2012
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nale, “
una società civile si riconosce
dalla capacità di osservare le leggi”
e
che è quindi necessario che i singoli soci
si diano da fare per conoscerle. E’ vero
e giusto pretendere dai soci il rispetto
dei loro doveri. Lo è però nella stessa
misura in cui l’organizzazione, nella sua
struttura, è consapevole, opera e propo-
ne atteggiamenti e azioni rispettose che
valorizzino le individualità. E’ per me del
tutto necessario, importante e attuale,
chiedersi quali siano le “attese” dei soci,
quali siano le loro motivazioni, come
sia possibile, appunto, rispondervi con
onestà mentale e organizzativa, come
sia possibile recuperare con generosità
una loro sempre maggiore motivazione
partecipativa. L’appartenenza insomma
non è solo fonte di doveri, ma è anche
un contenuto di diritti. Ho usato questi
termini, diritti e doveri, ma in pratica do-
vrebbero essere concetti non legati a una
sorta di contratto formale, quanto ad una
scelta e a una gestione di rapporti ricchi
di qualità e di generosa umanità.
E’, quello indicato, un equilibrio certa-
mente difficile, mai definitivo, e quindi da
ritenersi sempre di attualità. Questa diffi-
coltà ci richiama alla qualità del nostro
essere rotariani; qualità professionale
e intellettuale, ma soprattutto qualità
umana fatta di volontà e non di compia-
cimento, di benevolenza e non di gusto
del prestigio e del potere, di amicizia
vera e non solo di rispetto o di divertita
convivialità e cameratismo.
Già, l’amicizia. Mi hanno sempre pre-
occupato quelle persone - anche di alto
livello nel Rotary - che tendenzialmente
ritenevano non importante o superfluo
il valore dell’amicizia. Non mi riferisco
a quei modi di essere amici che sotten-
dono complicità, né a quelli, pur ammis-
sibili, che comportino utilità e scambi
di favori interessati, ma a quell’amicizia
che, come ci insegna Aristotele, può es-
sere una virtù. Una virtù arricchita dalla
volontà di conoscerci, dalla volontà di
ben volerci, dalla volontà di sentirsi alla
pari, senza sudditanze o superiorità ma-
nifeste. Un’amicizia che ha valore in sé e
che è una modalità di crescita e sviluppo
umano e personale. Considerare l’amici-
zia come un valore funzionale al servizio
è umanamente scorretto, semmai il ser-
vizio è una conseguenza dell’amicizia,
ma non viceversa. E’ questa virtù che
può dare contenuto alla nostra testimo-
nianza nella società. Il valore più grande
che può caratterizzare un’aggregazione,
un’associazione, un distretto, un club, è
proprio la
qualità della convivenza
. La
capacità e prima ancora, la volontà, di
riconoscere l’altro, di ascoltarlo, di sen-
tirlo vivo e vicino, come un’individualità
ricca di storia, d’intelligenza e di poten-
zialità. E’ sostanzialmente contraddito-
rio dedicarsi a service assistenziali verso
dei bisognosi e contemporaneamente
non riuscire a convivere in armonia e
amicizia con chi ci è vicino. Forse, in fon-
do, la vera essenza del nostro servizio
rotariano sta proprio nel perseguire la
pace, ma non solo come assenza di con-
flitti, neppure solo come conseguenza
della soddisfazione di bisogni elemen-
tari, ma proprio come qualità di convi-
venza. Il disastro sociale e politico cui
assistiamo in questa squinternata Italia è
fondamentalmente dovuto a una pretesa
di libertà malata da esasperati individua-
lismi e da una micidiale - è proprio il caso
di dirlo - mancanza di responsabilità nel
cercare e nel favorire una minima qualità
di convivenza.
Noi rotariani dovremmo quindi vivere
nei club valorizzandoli come laboratori
di convivenza esaltati da un’amicizia vir-
tuosa, per poi diventare testimoni, porta-
tori e produttori di qualità di convivenza,
di capacità di cooperazione, di modi di
approcciare i problemi con confronti
dialogati, ragionevoli e razionali, ben
incentrati sulla partecipazione e sulla ri-
cerca della soluzione migliore e non sulla
vittoria del “pensiero partigiano”.
Forse per questo dovremmo dimagrire
un po’ e preoccuparci più della qualità
che della quantità. Ancora Cardinale af-
ferma “
una politica dissennata delle
ammissioni non rafforzerà mai l’im-
magine del Rotary”.
Analogamente, un
assillante martellamento per rastrellare
risorse economiche, non aumenterà mai
la qualità umana del Rotary, né la sua
qualificata presenza nel territorio.
Abbiamo sempre più bisogno di qualità,
di generosità umana e di capacità di te-
stimoniare qualità di convivenza. Forse
il futuro del Rotary potrà essere una vera
speranza solo se cercherà la qualità, anzi
l’eccellenza umana dei propri soci. Lo
so, sono temi difficili, forse per qualcuno
prefigurano un’utopia. Dobbiamo farlo,
però, senza pretendere di arrivarci né
sicuramente, né domani, ma avendo il
coraggio e la fantasia di andare veramen-
te in avanti con la volontà di speranza
e con l’intelligenza di fare i passi giusti.
In ogni caso è certo che da anni ormai
la validità del Rotary è in discesa, la sua
capacità di motivare e di attrarre perso-
ne di qualità si è ridotta. Non possiamo
rimanere indifferenti. Forse abbiamo
soprattutto bisogno di coraggio. Più di
coraggio e di vero amore per il Rotary,
che di difesa dei nostri individualismi
o delle nostre tradizionali convinzioni.
Coraggio di sederci, come veri amici,
attorno ad un tavolo, di guardarci negli
occhi e cominciare a ragionare con liber-
tà, con fantasia, con razionalità, senza
aver paura delle differenze o delle no-
vità. Il coraggio di dar vita a incontri di
questo tipo, organizzandone la forma e
la struttura a livello locale o distrettuale.
Dovremmo riprenderci la responsabilità
dell’andamento del Rotary nel nostro di-
stretto, nelle nostre zone. Pur sentendoci
sempre orgogliosi di appartenere ad una
organizzazione mondiale, dovremmo ri-
conoscere che siamo noi i responsabili
e non il Presidente Internazionale, né il
Board e neppure il Consiglio di Legisla-
zione, di quello che sta accadendo qui
vicino a noi, tra di noi, nei nostri club e
nei nostri distretti. Un mio caro amico
diceva che sognare da soli può essere
velleitario, sognare assieme in tanti può
tradursi in realizzazioni concrete.
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