Rivista Rotary | Marzo 2016 - page 19

do di fare del mio meglio per riportare tutto quello che voglio-
no raccontare”. Evin presenta la storia di una giovane ragazza
la cui esperienza è molto comune. Il suo villaggio fu distrutto
dall’ISIS e le ragazze vennero violentate. “Uccisero tutti gli
uomini e presero le donne con i bambini. Le ragazze vennero
vendute nei bazar”. Le donne che non volevano essere vendu-
te, venivano uccise. A Sinjar, recentemente riconquistata dai
combattenti curdi, sono state scoperte delle fosse comuni,
inclusa una in cui sono sotterrate le donne più anziane.
L’acquisto, la vendita e la violenza su donne e ragazze per
mano dell’ISIS sono stati ben documentati anche dal “Hu-
man Rights Watch”, che l’anno scorso pubblicò un resoconto
agghiacciante. L’ISIS ha apertamente ammesso di usare la
schiavitù e la violenza di massa come sua politica, e le donne
sono considerate dei trofei di guerra.
Ma c’è un’altra ragione, freddamente strategica, che spiega
la vendita delle ragazze: queste possono essere usate per
adescare i combattenti stranieri.
Ho chiesto a Evin se è facile per le donne parlare dopo un
trauma così forte. “Dipende dalla donna”, dice lei. “Alcune
sono molto forti”. Altre non lo sono. Parlò con una donna che
al momento di raccontare come venne ucciso suo fratello,
iniziò a ridere. Un’altra, ricorda Evin, “era stata venduta più
volte. Rimase incinta. Abortì. Mi stava raccontando questo
fatto e a un certo punto smisi di respirare. Lei toccò la mia
spalla e mi disse: ‘Starò bene’”.
Evin sa di svolgere un ruolo molto delicato. “Quello che mi
sconvolge”, dice lei, “è l’approccio dei giornalisti che ven-
gono qui e cercano di far parlare queste donne, di ottenere
i dettagli di come furono violentate, giusto per ricavare un
aspetto della storia e attrarre l’attenzione”. Le storie possono
essere raccontate, dice lei, “ma non puoi mostrare il volto
delle protagoniste o dare il loro nome”. Una volta, dice, dopo
che una ragazza venne intervistata con il volto ben visibile, la
sua famiglia - ancora nelle mani dell’ISIS - fu uccisa.
Si sente forte riguardo l’intrico degli yazidi, che lei definisce
come “un popolo pacifico”, così continua a vivere nella parte
settentrionale dell’Iraq nonostante le condizioni continuino a
peggiorare.
Le Nazioni Unite calcolano che l’ISIS tiene ancora 3.000
yazidi in cattività. Più spaventoso per Evin è il fatto che l’ISIS
voglia prendere di mira anche i curdi. “Abbiamo incontrato
alcuni prigionieri dell’ISIS e abbiamo domandato loro con-
tro chi stanno combattendo. Loro hanno risposto, ‘Stiamo
combattendo contro quegli infedeli, chiamati curdi. Se ne
troviamo uno, lo uccidiamo’”.
Un anno fa, una sua cugina, una giovane ragazza, fu uccisa
in Siria. “Assassinii e uccisioni sono una parte normale della
vita di qui”, dice lei. Ma all’inizio di quest’anno, morì anche
un suo nipote in un’esplosione. “Mio nipote era come un
fratellino per me. La sua morte mi turba ancora”. Supporta i
curdi che vogliono andare in Siria per aiutare. “Stanno com-
battendo l’ISIS, il nemico di tutta l’umanità”.
Un giorno scriverà tutto questo. Sente una grande responsa-
bilità verso le donne che incontra. Per il momento fa il suo
lavoro e studia per ottenere un master online di storia. “Non
posso fare molto ma posso raccontare le loro storie e descri-
vere i loro volti”. Quando le domando quale donna l’abbia
ispirata maggiormente, non prende nemmeno una pausa per
pensarci. “Tutte quante”.
R
ose
G
eorge
IL CROCEVIA EUROPEO
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