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ROTARY
aprile 2013
OPINIONI
di extracomunitario. Verosimilmente pensa a un maroc-
chino, senegalese, ecc. Posta così la questione si capisce,
con sufficiente chiarezza, che l’approccio deve essere nella
direzione di risolvere i problemi emergenti dall’impatto di
culture diverse, posto che la confluenza di diverse culture sia
il destino dell’Europa e, per ragioni a noi più vicine, dentro
l’Europa. Sinora è prevalso l’atteggiamento di “regolare” il
fenomeno con l’istituzione di quote d’accesso e con sanatorie
degli immigrati irregolari, disposizioni che si sono dimostrate
inadeguate a risolvere il problema, perché non hanno colmato
il deficit “morale” del ricco Occidente che ha messo in piedi
una società segnata da inadeguate politiche di solidarietà e
dall’incessante ricerca del profitto a scapito della giustizia.
E ora cosa fare? Come rimettere in piedi un equilibrio più
che precario?
Domanda interessante ma di non facile risposta o, almeno, di
una soluzione all’altezza della “civiltà” faticosamente creata.
Sono state pensate, e in parte adottate, diverse misure.
Una di queste prefigura una separazione che vede luoghi di
vita, scuole, quartieri, divisione del lavoro del tutto diversi
fra i residenti e i nuovi arrivati. Una separazione che, di ne-
cessità, reca con sé anche la separazione culturale giacché i
diversi stili di vita, le identità spirituali, i simboli ecc. vivono
in modo autonomo così da evitare qualsiasi contaminazione
per entrambi le parti: i “residenti” e gli “arrivati”.
Tutto questo “sposta” le frontiere le quali, dai confini estre-
mi, vengono portare all’interno, intravedendo nella separa-
zione l’unico modo di evitare lo scontro tra realtà diverse
e inconciliabili. La storia ci ha riservato funesti esempi di
emarginazione (ghetti o muri che fossero) generando nei più
deboli disistima e nei più forti desiderio di identificazione
con la cultura dominante. In entrambi i casi l’esclusione
produce una disuguaglianza sociale in cui il mancato rico-
noscimento dell’altro è fonte di angoscia insistente e di peso
insopportabile che può sfociare in una forma silente ma effi-
cace di oppressione che le vittime interiorizzano come effetto
naturale di una propria inferiorità, oppure possono sfociare
in manifestazioni violente di liberazione. In antitesi si profila
un diverso atteggiamento che prevede l’incorporazione di una
determinata identità etnica in una diversa società.
Apparentemente non sussisterebbe discriminazione razziale e
tuttavia il processo richiede, inevitabilmente, un’omologazio-
ne ai valori e ai comportamenti socialmente dominanti, ossia
una vera e propria assimilazione in cui una parte, dominante
(culturalmente ma anche economicamente dominante), in-
globa l’altra fino a farla sparire con buona pace di coloro che
tenderebbero a valorizzare gli aspetti comunitari delle diverse
culture. Anche in questo caso la storia è stata tutt’altro che
avara nel proporci modelli di comunità fagocitate da altre più
forti. Se non la separazione né l’integrazione allora che fare?
E a questo punto che sovviene lo spirito rotariano, inteso non
come rimedio universale, ma più semplicemente come atteg-
giamento ragionato e illuminato nella disponibilità di coloro
che hanno scelto la pace e la civile convivenza fra i popoli
quale vessillo del loro agire quotidiano. I Rotariani sono in
grado di offrire esperienza e doti professionali per rispondere
a problemi e bisogni delle comunità; sono consapevoli che
la forza degli impegni condivisi non ha limiti; sono capaci
di migliorare la propria vita e quella degli altri attraverso lo
strumento principe rappresentato dall’amicizia che porta alla
tolleranza e trascende le barriere razziali.
In questa sfida i rotariani non sono soli, anche se sono una
parte importante del mondo della solidarietà; sanno bene che
molti movimenti variamente caratterizzati, da quelli volon-
taristici a quelli a carattere religioso, politico e filantropico,
sono da tempo impegnati nel percorso della tolleranza. I Ro-
tariani non stilano classifiche ponendo alla vetta i più bravi
e poi in via graduata tutti gli altri: sono semplicemente se
stessi, con la propria etica, la consolidata cultura della soli-
darietà e dell’amicizia, con un bagaglio fatto di professiona-
lità e competenze, e con queste armi affrontano le questioni
con un atteggiamento orientato alla ricerca di soluzioni giuste
ai problemi della convivenza, senza richiedere aprioristiche
rinunce ai propri ideali e valori.
È NECESSARIO QUINDI
UN’ACCOGLIENZA
CHE FAVORISCA CON IL TEMPO
TRASFORMAZIONI E RAFFORZAMENTI
DELLE POSIZIONI INDIVIDUALI
ENTRO LE COMUNITÀ
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