Rivista Rotary | Maggio 2014 - page 56

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ROTARY
maggio 2014
SPECIALE
Tanti anni fa, era il 1999, a Buenos Aires, ho avuto il mio
primo contatto con i bambini di strada. Ero lì per una grande
Mostra di immagine sull’Italia. Il lavoro finiva la sera molto
tardi e di solito andavamo a cena con i colleghi verso mez-
zanotte. Una sera, un po’ stanca, decisi di non seguirli e mi
andai a comprare un panino in un drugstore dietro l’albergo.
Vidi un bambino che girovagava tra i banchi. Era evidente che
avesse fame così gli comprai un panino. Avrà avuto sei anni e
rimasi sorpresa che a quell’ora girasse da solo per la città. Gli
chiesi dove dormiva e mi portò davanti alla serranda chiusa
di un negozio. C’era un pezzo di cartone di una settantina di
centimetri e mi disse che lui dormiva lì. Con sgomento e senza
sapere che fare, realizzai che era un bambino di strada; nella
mia ignoranza pensavo che esistessero solo in Brasile. Cercai
in seguito di aiutarlo. Ma non c’erano possibilità: poiché non
aveva una registrazione anagrafica, semplicemente non esi-
steva. Solo se avesse compiuto un reato, il tribunale avrebbe
potuto affidarlo a una Casa Famiglia che oltre ad accoglierlo
gli avrebbe dato una identità.
Questa situazione riguarda tanti Paesi del mondo da quelli
dell’ex Unione Sovietica, all’Africa, all’Asia, all’America Lati-
na. Un immenso esercito di piccoli di cui non si sa nemmeno
il numero, Save the Children parla di 100 o 200 milioni ma
probabilmente sono molti di più, forse sono 500 milioni e
il loro numero cresce costantemente, anche secondo l’As-
sociazione evangelica “Arco Iris de la Esperanza” attiva ad
Haiti. Le caratteristiche sono sempre le stesse: bambini che
scelgono la strada a partire dai tre anni a seguito di morte dei
genitori, guerre o sconvolgimenti naturali, violenze e abusi in
famiglia. Chávez quando venne eletto Presidente del Vene-
zuela dichiarò che avrebbe messo fine al problema dei Niños
de la Calle e che se fosse rimasto anche un solo bambino di
strada in Venezuela, avrebbe cambiato nome. Poi non se ne
fece nulla e tutto continua come sempre.
Molti Paesi hanno strutture di governo che cercano di contra-
stare la situazione, fondamentalmente appoggiando le case
di accoglienza laiche o religiose, soprattutto cristiane oppure
gestite direttamente. Così fanno anche organizzazioni interna-
IL PROGETTO
PRIMO INCONTRO
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