Rivista Rotary | Aprile 2016 - page 66

È un fatto incontrovertibile, anche se spesso rimosso, che la
cultura della modernità ha comportato l’affievolirsi di quei
valori (religione, famiglia, patria) intorno a cui si realizza la
vita sociale, che hanno finito per l’acquisire una dimensione
sempre più privata.
Soggettivizzando tali principi, ovvero retrocedendoli a livello
di preferenze individuali, si è quindi venuta a determinare una
sorta di frantumazione del corpo sociale in una molteplicità
disarmonica di gruppi legati da interessi spesso contrapposti
e da passioni egoistiche. Una visione relativistica della libertà,
riducendo quest’ultima a mero permissivismo, ha favorito una
perniciosa confusione tra utilità individuale e bene collettivo,
di tal ché la dimensione sociale è venuta a configurarsi sempre
più come la somma delle dimensioni individuali. Relazioni
puramente formali e indipendenti da ogni legame di solida-
rietà e di amichevole condivisione sono spesso alla base delle
istituzioni che reggono la vita civile.
Ma anche i rapporti di lavoro, di affari e professionali, le soli-
darietà politiche e di classe e persino le collaborazioni scienti-
fiche e l’attività dei club, si fondono sovente su meccanismi e
condizioni che prescindono dalla qualità delle relazioni tra le
persone con le quali si interagisce. Qualità delle relazioni, che
risulta essere una variabile spesso trascurata pure nell’ambito
dei contesti lavorativi, per la scarsa attenzione che nei pro-
cessi formativi viene per lo più riservata agli aspetti umani e
relazionali, forse e soprattutto per un’eccessiva focalizzazione
soltanto sul contenuto della prestazione.
All’interno del corpo sociale si è, quindi, progressivamente
radicata una concezione che induce a considerare indistin-
tamente le relazioni umane come relazioni di scambio e, di
conseguenza, l’inclinazione a perseguire il proprio tornaconto
a detrimento degli altri, considerati spesso come rivali.
Parallelamente, e salvo lodevoli e significative eccezioni, si
avverte un diffuso atteggiamento di chiusura verso l’estraneo o
il diverso e, per converso, la tendenza a circondarsi di persone
che hanno le stesse idee, gli stessi interessi e la medesima
estrazione sociale: in questa cerchia può esservi stima e,
talvolta, anche amicizia. In tutt’altra sfera, s’intravede l’e-
mergere (o forse il consolidarsi) di un fenomeno che spinge la
fede nell’ambito del privato, nella penombra della coscienza
individuale, in un rapporto quasi personale con Dio. Questa
tendenza, speculare rispetto all’atteggiamento di chiusura so-
pra delineato, desta qualche preoccupazione perché distante
dalla visione cristiana della Fede nella sua struttura essenziale
di comunione con Dio e di apertura alle attese del mondo.
La morale cristiana, cui spesso ci ispiriamo, insegna invece
che il fine dell’uomo è il bene comune, inteso come viatico
per il completamento del proprio essere nell’ambito della co-
munità e per la piena realizzazione della propria vita attiva e
contemplativa, in un contesto nel quale ciascuno è liberamen-
te responsabile del bene di tutti e dove tutti sono liberamente
responsabili del bene di ciascuno.
Osserva il grande scrittore cattolico Jacques Maritain: “Il bene
comune presuppone pertanto le persone e si riversa su di loro
e, in questo senso, si compie in loro”. Va da sé, pertanto, che
il bene comune non è soltanto l’insieme dei beni e servizi di
pubblica utilità e di interesse nazionale, sui quali si regge l’or-
ganizzazione della vita della società, né le buone finanze dello
Stato, il tessuto delle giuste leggi e delle buone consuetudini,
né, infine, la forza delle tradizioni che ne costituiscono il fon-
damento. Di certo comprende tutto ciò, ma è qualcosa di più
profondo, perché racchiude la somma (che non è la semplice
collezione di unità sovrapposte) di tutto quello che vi è nella
comunità di coscienza civica, di virtù politiche, di valori reli-
giosi ed etici, di senso del diritto e della libertà ma anche di
prosperità materiale.
Si può affermare, anche alla luce della tradizione sociale
cristiana, che il bene comune si sostanzi nello sviluppo della
persona umana, nella totalità e unità dei suoi valori e delle
sue autentiche prerogative spirituali e materiali. Il che pone
il cristiano davanti al dovere veramente straordinario di rico-
noscere e vivere la centralità della persona, salvaguardandone
BENE COMUNE E MORALE CRISTIANA
rinnovata linfa per il corpo sociale
Una riflessione sull'eterno disegno di Dio e sulle attuali relazioni comunitarie dell'uomo.
OPINIONI
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