la dignità e il primato in ogni situazione e contribuendo alla
        
        
          sua piena esplicazione nella dimensione della vita sociale.
        
        
          “Non c’è vocazione più alta” afferma padre Jean Cardonnel
        
        
          “di quella di svegliare gli uomini al senso vero della vita, nel
        
        
          rapporto con i fratelli”.
        
        
          Di questa responsabilità gli imprenditori e i dirigenti cristia-
        
        
          ni debbono essere testimoni consapevoli, impegnandosi a
        
        
          instaurare nell’ambito delle rispettive attività un sistema di
        
        
          valori (correttezza gestionale, trasparenza informativa, attenta
        
        
          opera di formazione, rispetto di ogni singola persona) capaci
        
        
          di generare coesione all’interno e di attrarre consensi all’ester-
        
        
          no, e a promuovere altresì ogni utile azione diretta a stabilire
        
        
          relazioni interpersonali corrette e cordiali, nella direzione del
        
        
          miglioramento della qualità delle prestazioni con il contesto
        
        
          umano e organizzativo. Ciò anche nell’ottica di coniugare, per
        
        
          quanto possibile, l’interesse dell’impresa con la promozione
        
        
          umana e civile dei collaboratori. Occorre anche perseguire il
        
        
          massimo coinvolgimento dell’impresa nel contesto sociale e
        
        
          nei problemi del territorio attraverso il sostegno delle svariate
        
        
          iniziative, fortunatamente in continua espansione, rivolte agli
        
        
          obiettivi del bene comune.
        
        
          È questo, peraltro, lo spirito che guida la presenza e l’azione
        
        
          dell’UCID, la quale – come ricorda lo statuto – ha tra i suoi
        
        
          scopi quello di conformare l’attività degli associati ai principi
        
        
          della dottrina sociale della Chiesa “ponendo la persona al cen-
        
        
          tro dell’attività economica, favorendo la solidarietà contro ogni
        
        
          discriminazione e sviluppando la sussidiarietà”.
        
        
          La persona umana non si realizza pienamente se non apren-
        
        
          dosi verso il prossimo e intendendo il bene altrui come bene
        
        
          proprio e, per altro verso, se non con la fruizione di beni mate-
        
        
          riali e spirituali che senza l’aiuto del prossimo non è in grado
        
        
          di procurarsi, o almeno non è in grado di procurarsi in qualità
        
        
          e quantità convenienti. È quindi agevole interpretare la società
        
        
          come lo strumento attraverso cui ciascun membro compie la
        
        
          propria parte. Appare perciò evidente come il perfezionamento
        
        
          della persona umana e lo sviluppo della società siano tra loro
        
        
          interdipendenti. L’ordine sociale e il suo progresso debbono
        
        
          pertanto lasciar prevalere il bene delle persone, giacché l’ordi-
        
        
          ne delle cose deve essere subordinato all’ordine delle persone
        
        
          e non viceversa.
        
        
          Da queste premesse discende che il fondamento della vocazio-
        
        
          ne comunitaria dell’uomo e della sua naturale socialità risiede
        
        
          anche nel disegno di Dio, che ha voluto che tutti gli uomini
        
        
          formassero una sola famiglia e che si trattassero tra loro con
        
        
          animo di fratelli. E in questa comunione disegnata dal Signore
        
        
          trova pure origine la vera felicità dell’uomo, come meta inclu-
        
        
          siva e sostanziale della propria esistenza.
        
        
          Sostiene ancora Cardonnel: “Ho pianto senza ragioni precise
        
        
          perché non posso sempre vivere con i miei amici, perché ho
        
        
          bisogno come del sole di un mondo in cui tutti gli uomini sia-
        
        
          no uniti, pazzi di gioia di essere insieme [...] il peggio per gli
        
        
          uomini è di vivere ciascuno per sé; ciascuno per sé in casa,
        
        
          ciascuno per sé in famiglia, ciascuno per sé come classe so-
        
        
          ciale, ciascuno per sé come nazione e... peggio per gli altri!”.
        
        
          E il grande filosofo Hume: “Una solitudine completa è forse
        
        
          il castigo più grande di cui possiamo soffrire, ogni piacere
        
        
          goduto da soli languisce, ogni pena si fa più crudele e insop-
        
        
          portabile”. Tutto ciò premesso, è doveroso riconoscere che il
        
        
          nostro mondo è spesso disegnato non dall’amore solidale, ma
        
        
          dalla simpatia, valore che appartiene anche ai non credenti.
        
        
          “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione se vo-
        
        
          gliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere alle attese
        
        
          del mondo” esortava Giovanni Paolo II. E San Paolo: “Portate
        
        
          i pesi gli uni degli altri, così adempirete alla legge di Cristo”
        
        
          (Gal 6,2).
        
        
          Urge pertanto negli spazi del sociale una testimonianza più
        
        
          motivata e disinibita che miri a includere nel nostro orizzonte
        
        
          quotidiano i deboli, gli indifesi, gli emarginati. Una comunità
        
        
          cristiana non è mai chiusa, arroccata, escludente, ma guarda
        
        
          a ogni uomo con amore e diventa capace di dialogo e di acco-
        
        
          glienza, riconoscendo che i valori del Vangelo sono disseminati
        
        
          in quasi tutte le culture. Va bene quindi il gruppo, luogo delle
        
        
          affinità e delle simpatie, ma bisogna aprirsi al mondo, luogo
        
        
          di tutti.
        
        
          Spero tanto di non essere portatore di una visione troppo
        
        
          pessimistica della realtà che ci circonda. Di certo, queste mie
        
        
          riflessioni sono dettate unicamente dal desiderio di offrire un
        
        
          modesto contributo alla comprensione di alcuni fenomeni che
        
        
          coinvolgono in pieno la testimonianza dei credenti, in un mon-
        
        
          do sempre più denso di sfide e di egoismi.
        
        
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