tica di un numero sempre crescente di
        
        
          persone disperate è stata descritta da
        
        
          don Paolo Zuttion con il tono misurato
        
        
          e dolente dell’uomo che riconosce i suoi
        
        
          simili e non può esimersi dal fare qual-
        
        
          che cosa per aiutarli.
        
        
          La professoressa Cristina Benussi ha
        
        
          spiegato come gli scrittori immigrati,
        
        
          che scrivono in italiano e che sanno dare
        
        
          voce a tutto il popolo che rappresentano,
        
        
          cercano nel nostro Paese quello che
        
        
          hanno perduto nel loro e che anche a
        
        
          noi manca. Così, l’innocente purezza di
        
        
          un mondo contadino ormai scomparso è
        
        
          quello che rimpiangono coloro che pro-
        
        
          vengono dall’est Europa; il totalitarismo
        
        
          sovietico ha soffocato la cultura contadi-
        
        
          na e la religiosità che vi era connaturata:
        
        
          come non pensare ai versi che Pasolini
        
        
          scrisse negli anni cinquanta a propo-
        
        
          sito di un’Italia del dopoguerra avviata
        
        
          all’ateismo consumistico “... attratto
        
        
          da una vita proletaria a te anteriore, è
        
        
          per me religione la sua allegria, non la
        
        
          millenaria sua lotta: la sua natura, non
        
        
          la sua coscienza: è la forza originaria
        
        
          dell’uomo, che nell’atto s’è perduta, a
        
        
          darle l’ebbrezza della nostalgia, una luce
        
        
          poetica ...” (Le Ceneri di Gramsci).
        
        
          Gli immigrati sudamericani, invece, vor-
        
        
          rebbero recuperare il rapporto conso-
        
        
          latorio con la natura e con la fisicità
        
        
          che trasmette energia e crea un legame
        
        
          comunicativo tra le persone: immediato
        
        
          il confronto con la cultura nordica, in cui
        
        
          ogni uomo è un’isola, assunto che nella
        
        
          nostra regione può ben dirsi un conno-
        
        
          tato significativo di qualunque ambito si
        
        
          voglia prendere in considerazione: fami-
        
        
          liare, lavorativo, imprenditoriale, comu-
        
        
          nitario. Anche in questo caso, le società
        
        
          economicamente ricche e “civilizzate”
        
        
          hanno perduto la coralità di popolo, da
        
        
          cui derivano i valori della solidarietà e
        
        
          dell’appartenenza che caratterizzano,
        
        
          invece, le società povere; con l’aggra-
        
        
          vante, però, che anche noi ci stiamo
        
        
          impoverendo economicamente e i valori
        
        
          in cui trovare la forza per riscattarci sono
        
        
          sempre più sbiaditi e incerti.
        
        
          Infine, gli immigrati africani, insieme
        
        
          al fascino di una cultura che sconfina
        
        
          continuamente nel magico e nell’arche-
        
        
          tipico, ci fanno percepire, non senza
        
        
          sgomento per la verità, che il tempo non
        
        
          è una categoria universale, ma un ritmo
        
        
          dell’anima, che l’anima istintivamente
        
        
          compone.
        
        
          Dirompente, poi, la rivelazione della
        
        
          giornalista Christiana Ruggeri: i ragaz-
        
        
          zi africani che guardano all’Occidente
        
        
          vogliono soltanto imparare e applicare
        
        
          quello che hanno imparato nel loro Pa-
        
        
          ese, dal quale mai se ne andrebbero
        
        
          se non fossero costretti. Neanche En-
        
        
          zo Gandin, emigrato in Venezuela da
        
        
          Gonars nel dopoguerra, avrebbe volu-
        
        
          to lasciare quel Paese nel quale aveva
        
        
          costruito la sua famiglia e la sua vita,
        
        
          ma è stato costretto a tornare in Italia,
        
        
          vivendo una sorta di nuova emigrazione.
        
        
          Alla fine il mosaico era completo, il dise-
        
        
          gno è apparso definito e nitido. Aquileia,
        
        
          una volta di più, si è rivelata sede degna
        
        
          di ospitare un Forum, cioè un gruppo
        
        
          di persone riunite per dialogare su un
        
        
          tema impegnativo e problematico, co-
        
        
          me quello delle incessanti e inevitabili
        
        
          migrazioni di uomini che, come è stato
        
        
          sottolineato, in ultima analisi cercano
        
        
          soltanto di essere felici.
        
        
          
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