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          ROTARY
        
        
          maggio 2014
        
        
          diplomarmi. Ero sicura che non avrei avuto nessuna possibilità
        
        
          di andare al college.” Ma nel 1991 vinse una borsa di studio
        
        
          del Rotary Club di Olympia per frequentare il South Puger
        
        
          Sound Community College, dove ha potuto studiare ammini-
        
        
          strazione aziendale. “Non sapevo molto del Rotary al tempo,
        
        
          ma da allora i Rotary club hanno avuto un ruolo centrale nel
        
        
          mio viaggiare per presentare workshop ai sopravvissuti.” Hong
        
        
          ha da allora collaborato con i vari club per sviluppare progetti
        
        
          tra i quali un campo medico nell’India nordorientale e una
        
        
          fiera sul tema della tratta degli umani svoltosi a Olympia. Ha
        
        
          anche parlato al Rotary-UN Day nel 2012. Quello che impres-
        
        
          siona di più di Hong, ora sulla quarantina, è la distanza che
        
        
          ha saputo mettere tra la sua vita odierna e il suo passato. Una
        
        
          persona attiva, dal sorriso facile, dagli occhi gentili, e con la
        
        
          capacità di condividere naturalmente i propri successi con gli
        
        
          altri – una qualità che lei riconosce nei rotariani con cui ha
        
        
          lavorato.
        
        
          La sua forza d’animo le è servita spesso nel suo ruolo di
        
        
          consigliere speciale ONU per le vittime, in particolare per
        
        
          promuovere l’Iniziativa Globale per Combattere il Traffico di
        
        
          Uomini dell’ONU. Lo scorso autunno, ha presentato all’As-
        
        
          semblea Generale delle Nazioni Unite un piano composto in
        
        
          tre punti per eliminare la schiavitù. Ha parlato con il cuore e
        
        
          determinatezza, dicendo all’Assemblea: “non è facile susci-
        
        
          tare negli altri le emozioni che provano le vittime senza voce
        
        
          che giacciono in gravissime condizioni, ma dobbiamo provarci
        
        
          e impegnarci per assicurare la libertà a un numero tra i 20 e
        
        
          i 30 milioni di donne e bambini costretti in schiavitù in tutto
        
        
          il mondo.” In quella sessione, ha anche proposto il Freedom
        
        
          Seal, un logo creato dalla Fondazione Tronie. Come con il
        
        
          Fair-Trade o il Cruelty-Free dei prodotti cosmetici, il Freedom
        
        
          Seal aiuterà i consumatori e gli investitori a identificare le
        
        
          compagnie, i prodotti e i servizi che adotteranno delle strette
        
        
          direttive create e pensate per garantire un trattamento umano
        
        
          per tutti i lavoratori.
        
        
          In una recente visita nella penisola arabica, Hong ha ricordato
        
        
          il dovere di trasparenza e di garanzia che il Freedom Seal com-
        
        
          porta. Una giovane donna che ha partecipato a uno dei suoi
        
        
          workshop e che lavorava per una catena di hotel libanese aveva
        
        
          accettato una posizione retributiva migliore in Qatar, il Paese
        
        
          più ricco al mondo. Una volta arrivata ha scoperto di dover
        
        
          consegnare il proprio visto al suo datore di lavoro, il manager
        
        
          dell’hotel, che ha avuto così il completo controllo dei suoi
        
        
          spostamenti. Il lavoro non era assolutamente quello che le era
        
        
          stato promesso. È stata abusata fisicamente, trattenuta contro
        
        
          la sua volontà, e costretta a girare al suo datore di lavoro gran
        
        
          parte del suo salario. “In questo circolo vizioso il manager,”
        
        
          afferma Hong, “si comporta allo stesso modo di un trafficante
        
        
          di uomini, e se fossimo stati in quell’hotel noi non avremmo
        
        
          avuto la minima idea di quello che stava accadendo e di quello
        
        
          che i membri dello staff erano costretti a subire. Questo ac-
        
        
          cade sempre. Il caso della donna libanese non è che uno di
        
        
          migliaia. Non ci sono leggi adeguate per proteggere le persone
        
        
          e non ci sono adeguate risorse per la loro riabilitazione. Se ri-
        
        
          esci a uscirne, non dimenticherai mai le torture e le violenze.”
        
        
          Hong non ha rivissuto il proprio trauma finché non è ritornata
        
        
          in India, all’età di 28 anni. Aveva rifiutato il viaggio per anni,
        
        
          spaventata di dover affrontare quei difficili ricordi. Ma durante
        
        
          un soggiorno di tre settimane ha ritrovato sua madre grazie a
        
        
          una serie di conoscenze e l’ha incontrata per capire cosa le
        
        
          fosse successo. “La notte che aprii la porta della mia camera
        
        
          di albergo e la vidi, e ascoltai il suo racconto pieno di dolore
        
        
          nel perdere ogni contatto con me, ho deciso di diventare un
        
        
          avvocato per qualunque vittima dei trafficanti,” racconta
        
        
          
            SPECIALE